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IL NUOVO SAGGIO DI HABERMAS: TRA SOLIDARIETA’ E DIRITTI

(29 Aprile 2014)

jurgen

Il nuovo saggio del filosofo Jurgen Habermas dal titolo “Nella spirale tecnocratica", di cui “Repubblica” anticipa parte dell’introduzione, affronta un tema tipicamente novecentesco: il rapporto tra la solidarietà e i diritti, intesi come “pretesa giuridica” nell’ambito dello Stato Sociale.
Ed esordisce: le offese alla solidarietà civica suscitano indignazione.
Habermas sostiene come sia questione di “solidarietà” e non di “diritti” il livello di diseguaglianza tra i cittadini e, ancora, come non sia lo Stato di diritto che può frenare il numero crescente di giovani senza lavoro, di disoccupati, di sotto-occupati, di anziani con una pensione da fame, di mamme che allevano da sole i propri bambini e dipendono dalla pubblica assistenza.
Da questo quadro che appare tratto dalla penna di Dickens eppure molto realistico rispetto all’attualità, Habermas tra la conclusione che solo la politica di un legislatore che sia sensibile alle pretese normative di una cittadinanza democratica può trasformare le richieste di solidarietà dei marginalizzati in veri e propri diritti sociali.
C’è del vero in questa conclusione di Habermas e anche del condivisibile, mantenendoci alla superficie della questione.
Dal nostro punto di vista, però, è necessario davvero andare al cuore della questione delle diseguaglianze facendo in modo che, anche all’interno di una riprogettazione dello Stato Sociale universalistico, si trasformi in questione dell’eguaglianza.
Solidificando la solidarietà in un “corpus” di diritti stabiliti e codificati dalla legge si corre, infatti, il rischio del riproporsi del principio di sussidiarietà verticale: lasciando cioè che determinati livelli di affrontamento dei bisogni diventi “affare privato” purché si rimanga all’interno di quanto stabilito dal dettato legislativo.
Se l’idea è quella di uscire dalla “spirale tecnocratica” (abbiamo tutti ben presente, almeno in Italia, il significato di quest’affermazione, in particolare dopo aver percorso le esperienze dei governi Monti e Letta) il rischio è quello di rientrare dalla finestra della logica di privatizzazione nella capacità di affrontare il tema dei diritti lasciando così, di conseguenza, intatto il livello di diseguaglianza.
Non si tratta di un discorso complicato, anzi: il tema è quello “storico” del rapporto tra eguaglianza e diritti che può essere risolto soltanto modificando nel profondo la struttura dello Stato in tutte le sue articolazioni centrali e periferiche.
Habermas pensa a un grande sforzo cooperativo che incrementi la crescita dell’eurozona: è necessario pensare a un grande sforzo rivoluzionario, di vera trasformazione sociale, che modifichi prima di tutto gli equilibri politici e stabilisca regole, possibilità, capacità del “pubblico” (meglio ancora della programmazione e della gestione “pubblica”) rivolte ad aggredire le diseguaglianze individuandole su tutti i terreni: politico, economico, sociale.
Non si può pensare ad una nuova dimensione della competitività quanto piuttosto da un’idea dell’eguaglianza sociale che rifiuti quella semplicisticamente definibile dei “punti di partenza” affermando, invece, l’eguaglianza nei fatti e non nell’astratto con un’idea di redistribuzione delle risorse governata da strutture pubbliche inserite in un contesto concreto di “democrazia politica”.
I tempi non appaiono certo favorevoli da questo punto di vista considerato che siamo ancora di fronte ad una fase di “costrizioni sistemiche” che impongono l’egemonia liberista e di conseguenza quella delle diseguaglianze.
L’importanza di una riflessione da impostare da subito su questi temi sarebbe, allora, quella di ragionare nell’ottica di un vero e proprio ribaltamento di questa egemonia liberista, non limitandoci alla giuridicizzazione della solidarietà.
L’eguaglianza da ricercarsi, invece, nella profondità del profilo etico dell’azione politica e dei fondamenti dell’identità dell’agire da parte del “pubblico”: la Costituzione Italiana, spesso disattesa e che adesso si vuole cambiare nel senso dell’adeguamento al meccanismo selvaggio della competizione individualistica, contiene già spunti di grande interesse e attualità nella direzione che abbiamo cercato di indicare.
Di conseguenza non si tratta soltanto di difenderla (com’è giusto e sacrosanto) ma di lottare per imporne, ancora, l’applicazione nei suoi punti decisivi di assoluta attualità.

Franco Astengo

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