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Rumori di fondo

(28 Maggio 2014)

Chi strepita contro il “popolo bue” dopo le elezioni, ponga attenzione a queste “notizie”.
Poco più di un mese prima delle elezioni: “Le rilevazioni statistiche mettono in evidenza una ripresa consistente della fiducia dei consumatori”.
Tre giorni dopo le elezioni: “ISTAT, si mette in evidenza che i consumatori continuano a non comprare.”
Poi, per indorare la pillola senza l’ombra di una dato: “i consumatori riprendono a risparmiare”.
2013, l’anno peggiore della crisi, (fino ad oggi dico io): “500.000 disoccupati in più. Al nord fra i giovani sono uno su due, al sud tre su quattro.”
Prima delle elezioni, Renzi: “80 euro al mese”. Scrupolosamente elargiti alla parte d’elettorato più problematica (già ripresi).
Prima e dopo le elezioni, Renzi: “cambiare l’Europa, prima il lavoro e la crescita”.
Prima delle elezioni, di fronte alle esternazioni dell’altro populista: “spread in lieve crescita, incertezza dei mercati”.
Dopo le elezioni: “spread in discesa, borsa di Milano più forte d’Europa”.
Queste sono alcune delle pillole “verità” ammannite dai media per la “conoscenza” del popolo elettore.
So che l’esercizio più naturale per ogni uomo, compreso quello di sinistra, è quello di fare un raffronto fra se stessi, la propria esperienza, la propria “maturità” e quella degli altri, il popolo bue, appunto. Com’è possibile, ci si domanda, che a parità di condizioni di partenza “io” abbia capito e “loro” no?
Bene, quando avremo finito di dirci quanto siamo bravi noi rispetto agli altri, sarebbe utile tornare in sé e domandarci scientificamente se tutto questo livore è giustificato. Il rapporto del fascismo, della DC, e dei populismi attuali rispetto al popolo nel suo complesso porterebbe a rafforzare le contumelie. Ma se solo si guarda più in profondità, forse qualche dubbio, sensato, sulle nostre certezze si pone.
Siamo così sicuri che le condizioni iniziali siano uguali per tutti? Per quel che mi riguarda è utile un’occhiata retrospettiva alla mia esperienza personale. Ho avuto la sfortuna-fortuna di stabilire un rapporto col lavoro alle soglie della pubertà. Ciò ha fatto sì che vivessi in prima persona, nell’età in cui l’apprendimento è massimo, la ribellione istintiva verso ciò che rappresenta, in termini di prevaricazione, il lavoro nella società capitalistica. I compagni lavoratori con qualche anno in più e le prime letture hanno fatto il resto. Non sono affatto sicuro che, mancando questa esperienza il mio approdo sarebbe stato lo stesso. Se, ad esempio, avessi avuto un percorso diverso al termine della pubertà e nell’adolescenza, solo una dose smisurata di presunzione potrebbe portarmi a dire che avrei, con certezza, seguito lo stesso percorso.
Riporto l’esempio personale solo per far notare che, anche quando sembra non sia così, in realtà l’esistenza di ognuno è legata ad una serie di fattori diversi, spesso solo apparentemente uguali fra di loro. E’ questa la ragione per la quale alcuni uomini possono dire di essere vaccinati rispetto alle sirene illusorie della borghesia e altri, al contrario, sono facili prede delle balle più clamorose.
Ma non è una semplice constatazione, che mi induce a intingere la penna rischiando di tediare più d’uno. In realtà penso che, ammesso e non concesso che le mie osservazioni siano condivisibili, nel confuso strepitare contro il “popolo bue” si annidi la semplice realtà di una immaturità politica inconsciamente ignorata.
I risultati elettorali ci sorprendono? Proviamo a domandarci perché. Quando sul ring due pugili se le danno di santa ragione e uno dei due perde per ko, gli spettatori non possono fare a meno di rilevare la classe, l’esperienza e la forza del vincitore. L’allenatore dello sconfitto prende atto che nel team avversario hanno lavorato meglio e si pone il problema, per il futuro, di migliorare prima di tutto se stesso e quindi il proprio pugile. Ebbene, a sinistra raramente questo accade, meglio, molto meglio prendere a calci lo sconfitto che “ha sbagliato”. Quando capiremo che sull’etichetta del popolo lavoratore, accanto alla dicitura “vittima della borghesia e delle sue menzogne” andrebbe aggiunto “anche a causa dell’incapacità e della presunzione di quelle che si ritengono avanguardie”. Quando capiremo che per far crescere gli altri dobbiamo crescere noi stessi?

G.Angelo Billia

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