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150° anniversario dell'unità d'Italia

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(19 Febbraio 2011) Enzo Apicella
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DARWINISMO, DIALETTICA, RAPPRESENTANZA POLITICA

(3 Febbraio 2015)

Nel tentativo di analizzare la condizione teorica e culturale della sinistra italiana, in questa fase di fortissima difficoltà d’espressione, risaltano alcuni elementi non riconducibili a un’elaborazione d’iniziativa politica immediata ma –piuttosto-di riflessione per una prospettiva almeno nel medio periodo di riorganizzazione complessiva.

Sono presenti due fenomeni di grandissima portata che, particolarmente nella situazione italiana assumono una specifica importanza: il divorzio sempre più crescente tra le forme considerate “classiche” della democrazia e l’affermarsi di nuove forme di aggressione capitalistica e l’emergere di una concezione “darwiniana” della politica che prevede l’abolizione della dialettica e della conseguente espressione di rappresentanza.

Questo secondo elemento, dell’affermazione di questa concezione –appunto- di tipo “darwiniano” di agire della politica costituisce l’elemento più concretamente visibile che agisce nel quadro della vicenda politica italiana e si riflette con grande pesantezza sull’insieme dei rapporti sociali, la sopraffazione, la crescita delle diseguaglianze e delle ingiustizie in un quadro di sostanziale limitazione delle possibilità di azione democratica.

Nella sostanza si tratta del collante che tiene assieme questo nuovo regime che la sinistra non ha saputo riconoscere e all’interno del quale si muove con la stessa ignavia (o la stessa complicità?) già verificatasi in altri tragici frangenti della storia.

Non è questione di regole da mantenere o da riaffermare (anche se questa parte del discorso non può essere sottovalutata) ma dell’accorgersi dell’assenza di una qualsiasi possibilità di espressione di un’effettiva dialettica politica.

Dialettica politica intesa come fattore e luogo della contraddizione nel rapporto tra forze produttive e rapporti di produzione nello stadio dell’economia capitalistica: luogo nel quale si sviluppa l’integrazione delle classi sociali nel processo politico.

E’ nella dialettica che la storia umana coincide naturalmente con la storia del conflitto di classe che si esprime attraverso la tensione e la pratica politica attraverso le quali si delinea una nuova società alternativa all’esistente.

In questo quadro, naturalmente, per sfuggire all’irrazionalismo, emerge il concetto di “mediazione” (interpretato acutamente, sul piano filosofico, da Luckàs sull’asse Hegel-Marx) sulla base del quale si sono formate le soggettività politiche.

Emergeva così il concetto di rappresentanza: quello che oggi appare superato dall’affermazione di uno scambio tra “società dello spettacolo” e “società politica”.

La riflessione sul nesso inscindibile tra dialettica e rappresentanza rappresenta il punto vero su cui dovrebbe essere capace di esercitarsi una nuova sinistra di classe.

L’elemento che ci troviamo di fronte è quello della riunificazione del concetto di rappresentanza con quello di governabilità, realizzato attraverso l’esaltazione impropria del processo di personalizzazione della politica e il mutamento di natura, logica d’azione, composizione dei soggetti politici.

Questo fattore appena individuato ha portato al verificarsi di due situazioni entrambe fortemente negative: la prima al riguardo del ruolo dei partiti, rimasto assolutamente svincolato da qualsiasi rapporto con precise “fratture sociali” e configuratosi, di conseguenza, quale centro esclusivo dell’elargizione di quel potere di nomina e di spesa che produce quegli “incentivi selettivi” solo motore possibile dell’espressione prevalente del dominante “individualismo competitivo”.

Il secondo riguarda la delega totale dell’agire politico all’immediatezza della tecnologia e della comunicazione di massa nella forma prevalente dell’improvvisazione e della propaganda ormai portata a dimensioni parossistiche.

Sono questi i fenomeni più evidenti nell’attualità della nostra vicenda politica all’interno di un quadro complessivo credo efficacemente descritto all’inizio all’interno dell’allocuzione riguardante il divorzio in atto tra le forme democratiche borghesi e il capitalismo: lo dimostra la gestione del ciclo in atto sul piano globale, l’emergere di nuovi fondamentalismi nell’economia e nella cultura, l’affermarsi di opzioni poste al di fuori dalla logica razionale dell’illuminismo.

Si è parlato di arretramento storico.

Una domanda: intendiamo parlarne fuori dai vincoli dell’immediatezza economicista e dalla esigenza esaustiva dell’imporre la sopraffazione del potere?



Per scrivere questo testo sono stati consultati: Raffaele Laudani in “Dialettica” (Enciclopedia del Pensiero Politico di R. Esposito, C. Galli, Laterza 1996); Th.W Adorno: Dialettica e positivismo in sociologia (Einaudi, 1972); G. Duso: La rappresentanza, un problema di filosofia politica, (Franco Angeli, 1988).

Franco Astengo

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