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(17 Dicembre 2022)
del Pst (Perù)*
Le masse povere e i lavoratori sono in rivolta in tutto il Perù contro i massimi simboli del potere economico e politico dei padroni concentrati nel Parlamento, nel governo Boluarte e nelle principali istituzioni. Lo stanno facendo in massa e con impeto, dai luoghi più poveri e storicamente dimenticati alle città più grandi, con le donne e i loro figli in prima fila, e lottando con ciò che hanno a disposizione: i pugni, scontrandosi con la feroce repressione scatenata contro di loro e che ha già provocato sette morti e centinaia di feriti e prigionieri.
Coloro che si sono impadroniti con la frode del potere con una finta veste democratica - in nome di una Costituzione che le masse ripudiano, con l'appoggio di un settore della «sinistra» parlamentare e celebrando Boluarte come «la prima donna alla presidenza del Perù» - inaugurano la loro amministrazione reprimendo ferocemente il popolo; popolo che è sceso in campo contro la vigliaccheria degli sfruttatori e dei loro rappresentanti in Parlamento.
La ribellione di questi giorni è la risposta a ciò che settori importanti della popolazione identificano come la realizzazione di un piano dei padroni per ostacolare, fermare, sabotare e infine liquidare il governo eletto e nel quale avevano riposto le loro speranze. Speranze che Castillo si è rifiutato di realizzare, lasciando campo libero alla costante ostilità dei partiti del Parlamento e dei media, senza mai tra l’altro far appello alla lotta del movimento operaio e popolare.
È vergognoso che i settori (di sinistra riformista, ndt) che hanno appoggiato Castillo e che sono direttamente responsabili del suo clamoroso fallimento (Perù Libre, Juntos por el Perù e i loro alleati nella Cgtp) ora fingano di sostenere la ribellione in corso senza rinunciare ai loro meschini giochi di potere.
Nonostante la benedizione di radical chic e finti «democratici» e l'appoggio di settori di «sinistra» appesi alla gonna della Boluarte, il carattere reazionario di questo governo è fuori discussione: ha formato il suo gabinetto ministeriale con membri riconosciuti dei padroni, con l'appoggio del solo Parlamento.
E lo vediamo nella risposta repressiva all'esplosione sociale fin dal primo momento, repressione voluta da tutte le componenti reazionarie e che ha causato numerosi feriti e vittime, insieme a misure come la dichiarazione dello «Stato di emergenza» e l'intervento delle Forze Armate nella repressione, con l'unico obiettivo di soffocarla e respingere le sue richieste fondamentali.
Come ultima concessione, Boluarte, dopo aver giurato «fino al 2026», si offre ora - in accordo con i suoi corrotti alleati parlamentari - di anticipare le elezioni all'aprile 2024. In altre parole, si offre di consumare i suoi sporchi trucchi e, come ricompensa, di rimanere al potere per un altro anno e mezzo. I poveri e i lavoratori si sono ribellati perché non li vogliono un minuto di più. Chiedono giustamente che se ne vadano tutti («qué se vayan todos»: il governo e il Congresso, e che si tengano nuove elezioni che prevedano la convocazione di un'Assemblea Costituente.
E non si fermeranno in questa lotta, anche se costerà ancora sangue e dolore. Né le pallottole, né le concessioni parziali, né i tavoli di dialogo, né gli ipocriti appelli alla pace dei nostri nemici di classe oggi vestiti in gonnella e benedetti dalla Chiesa fermeranno la lotta popolare che continuerà ad approfondirsi ed estendersi fino a raggiungere i suoi obiettivi principali.
Tuttavia, va detto a chiare lettere: anche se riuscissimo a realizzare queste rivendicazioni - il che sarebbe una grandiosa vittoria – resterebbero una conquista parziale, perché si lascerebbe alla borghesia nuove opportunità di riprendere il controllo della situazione. Il fallimento del governo Castillo ha dimostrato chiaramente che non è possibile realizzare i cambiamenti di cui abbiamo bisogno attraverso le istituzioni dello Stato borghese - «conquistando il governo» - e trattando o parlando con i suoi rappresentanti. Dobbiamo conquistare il potere.
Ciò significa non solo sconfiggere il Congresso e la Boluarte, ma anche l'intero apparato istituzionale su cui si basano e costruire sui loro resti nuove istituzioni basate sulle organizzazioni operaie e popolari. E significa lottare per l'espropriazione delle grandi miniere, delle banche, delle industrie e delle imprese su cui la borghesia basa il suo potere e l'imperialismo il suo dominio sul Paese, perché non c'è altro modo per soddisfare finalmente gli immensi bisogni delle campagne, delle masse popolari e dei lavoratori; e non c'è altro modo per conquistare la nostra vera indipendenza dopo 200 anni di repubblica borghese.
In altre parole, ciò significa lottare per l’unica via d’uscita reale: un governo operaio e popolare.
Per questo è necessario in questo momento non abbassare le nostre bandiere e non accettare alcuna «trattativa» con il governo fraudolento della Boluarte. Dobbiamo rafforzare, estendere e unificare la lotta creando organizzazioni di lotta indipendenti in ogni città, quartiere, università e luogo di lavoro. Organismi in cui la lotta e l'autodifesa siano preparate e coordinate.
È necessario che la classe operaia diventi protagonista di questa lotta con le proprie bandiere e le proprie rivendicazioni, il che richiede anche un’organizzazione democratica e unitaria dal basso, attraverso assemblee popolari; e occorre organizzare da subito un grande sciopero nazionale. Dobbiamo stabilire un coordinamento nazionale della lotta a livello nazionale, costituendo una vera e propria assemblea nazionale delle masse popolari che centralizzi e unifichi realmente la mobilitazione.
Viva la ribellione operaia e popolare!
Non un passo indietro, via Boluarte e il suo Parlamento corrotto!
Per un governo operaio e popolare!
*Sezione della Lit-Quarta Internazionale in Perù
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