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Savona e lo sviluppo

(6 Dicembre 2005)

Le parole pronunciate ieri dal ministro Scajola, nel corso della cerimonia per i sessant'anni dell'Unione Industriali di Savona, circa la costruzione di una centrale a carbone in Valbormida, sul sito dell'ormai ex-Ferrania, destano sincero allarme in chi ha a cuore le sorti, economiche, ambientali, di sviluppo sociale della nostra terra.

Prima di tutto è falso affermare che il Governo ha salvato la Ferrania: la Ferrania, nella sua integrità di ciclo tra progettazione/produzione non esiste più, ed è una scelta che arriva da lontano, almeno dal passaggio da 3M ad Imation, avvenuto nel silenzio di partiti e sindacati incapaci di capire cosa stesse succedendo.

Le parole di Scajola sono gravi allorquando sostiene che il carbone è la fonte energetica che costa il 35% in meno delle altre: non si contabilizza, infatti, il danno ambientale, alla salute delle persone, dell'impossibilità di avviare altre attività economiche.

E' incalcolabile, soprattutto, il danno che viene arrecato alla comunità valbormidese e, più in generale, della nostra Provincia della riproposizione di un modello vecchio, collocato fuori dalla possibilità di presenza di strutture produttive all'avanguardia dell'innovazione tecnologica.

La Provincia di Savona si riduce, sulla costa, al perpetuarsi della logica del mattone e, nell'entroterra, a raccogliere ciò che di ecologicamente appare più dannoso ed economicamente meno redditizio soprattutto per il futuro: meri produttori di energia, per altri capaci di sfruttare le risorse vere della produzione innovativa. Una “divisione dei compiti” tra costa ed entroterra sulla base della quale, negli anni'80, crebbe quella “questione morale” che risultò anticipatrice incompresa di “Tangentopoli”.

L'Unione Industriali celebra i suoi sessant'anni contemplando le macerie del passaggio dall'industria all'immobiliarismo, di cui è emblematica la zona portuale di Savona: un risultato dovuto al ridursi degli imprenditori savonesi alla logica corporativa, al contemplare il proprio ombelico, alla voglia di scaricare sugli altri le contraddizioni tra sviluppo e ambiente che hanno caratterizzato gli ultimi decenni della nostra storia, all'incapacità di comprendere i ritmi ed i tempi della trasformazione tecnologica.

Si è detto: c'è fame di energia.

Per riprodurre un antico slogan, dall' Ape all'Architetto: per chi, per che cosa, per dove c'è fame di energia?

Oltre a non aver compreso ( o aver fatto finta di non comprendere, a scopo finalità speculative) le prospettive della trasformazione tecnologica, si sono lasciate al loro destino le infrastrutture: da quelle stradali a quelle ferroviarie.

Si pensi alle condizioni delle tratte Savona – Torino e del Ponente Ligure, o alla situazione degli svincoli autostradali di Albisola, Savona, Altare (emblematica la vicenda della neve di venerdì scorso).

Assistiamo al ritorno di un modello pericoloso e dell'ennesimo tentativo di tagliar fuori Savona, il suo comprensorio, la Valbormida, dalla possibilità di stare al passo con i tempi, progettare il miglioramento delle condizioni economiche, sociali, ambientali, dei suoi cittadini.

Serve un progetto radicalmente diverso: il grave è che all'orizzonte, partiti e sindacati non sembrano intenzionati a produrne, giocando sulla difensiva e fiancheggiando i soliti padroni del vapore.

Savona, li 4 Dicembre 2005

Franco Astengo
“A Sinistra per Savona”

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