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(22 Febbraio 2011) Enzo Apicella
La rivolta popolare in Libia mette a rischio gli impianti dell'ENI che garantiscono un quarto delle importazioni di greggio in Italia

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Il Tfr non è né delle imprese né dello stato, ma delle lavoratrici e dei lavoratori

(27 Ottobre 2006)

Il 23 ottobre il governo, la Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno firmato un memorandum d’intesa sul trattamento di fine rapporto (liquidazione) che stabilisce i seguenti punti:

1. viene anticipata al 1° gennaio 2007 quella parte della riforma Maroni che devolve il Tfr che verrà maturato alla previdenza integrativa, secondo il principio del silenzio-assenso del lavoratore;
2. in tutte le imprese da 50 dipendenti in su, il Tfr che i lavoratori avranno deciso esplicitamente di non versare nei fondi di previdenza integrativa, non resterà in azienda, ma verrà trasferito, a pari condizioni di legge e attraverso l’Inps, a un fondo che servirà a finanziare opere pubbliche;
3. nelle aziende fino a 49 dipendenti il Tfr non versato ai fondi resterà in azienda;
4. le imprese otterranno risarcimenti a carico dello Stato, pari complessivamente a oltre lo 0,5% del costo del lavoro.

Questa intesa è sbagliata perché:

Afferma il principio antidemocratico del silenzio-assenso, per cui il lavoratore che non decide è costretto lo stesso a decidere, cioè a versare il suo Tfr nella pensione integrativa.
Ai lavoratori è comunque sottratta la possibilità di scegliere se lasciare in azienda o versare all’Inps il proprio Tfr: è solo la dimensione dell’azienda che decide su dove finisce la liquidazione che non va alle pensioni integrative.
I soldi che vanno all’Inps non servono per migliorare le pensioni, ma per fare cassa per la spesa pubblica. Si afferma un principio molto grave: i lavoratori prestano i loro soldi allo stato senza ricevere compensazioni, quelle che invece proprio le imprese, che non sono titolari del Tfr, ricevono dallo stato.
Si anticipa così una parte di quella riforma Maroni che aumenta fino a 60 anni l’età minima pensionabile. Già oggi il governo annuncia che bisognerà elevare l’età pensionabile. L’accordo sul Tfr è quindi il primo passo in questa direzione.

Le lavoratrici e i lavoratori non sono stati finora minimamente sentiti sulle loro liquidazioni e sulle loro pensioni. Si cambia la funzione della previdenza integrativa, che diventa nei fatti semiobbligatoria, si abitua lo stato a finanziarsi con il salario dei lavoratori, e non si chiede nulla ai diretti interessati. Si dà per scontato che si debba aumentare l’età pensionabile, quando ovunque le lavoratrici e i lavoratori dopo i 50 anni sono espulsi dal lavoro.
E’ necessaria ora una consultazione di tutto il mondo del lavoro che dia un chiaro mandato a Cgil, Cisl e Uil sulle pensioni. Chiediamo un referendum sull’accordo sul Tfr e diciamo basta alla politica dei fatti compiuti con il salario e con i diritti dei lavoratori.

Sul loro Tfr e sulle loro pensioni sono le lavoratrici e i lavoratori che devono decidere

Rete28 Aprile nella Cgil per la democrazia e l’indipendenza sindacale

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