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Lo Slai e la destituzione di Domenico Mignano

(2 Agosto 2007)

Con un comunicato datato 23/07/2007 l’Esecutivo Nazionale dello Slai Cobas prende pubblicamente posizione nei confronti della vergognosa vicenda dell’espulsione dallo Slai di Domenico Mignano e della conseguente sua “destituzione” come delegato RSU/RLS da parte della direzione Fiat dell’Alfa di Pomigliano. Lo fa avallando ufficialmente l’espulsione di questo storico operaio combattivo, decisa dall’assemblea congressuale dello Slai di Pomigliano il 7 luglio scorso, e riducendo le polemiche in corso sulla sua illegittima destituzione come delegato ad una mera faccenda di gelosie e concorrenza sleale fra sigle concorrenti del sindacalismo di “base”. Non vogliamo certo difendere l’operato di queste sigle (Confederazione Cobas e FLMU). Entrambe, insieme allo Slai, anche se in forme tra loro diverse, si sono opposte e si oppongono all’aspetto più originale e significativo dell’esperienza del gruppo di operai di cui Mignano fa parte, e cioè alla loro idea che gli operai, in quanto produttori di tutto per tutti, devono comandare, per cui la lotta sindacale non è più sufficiente, essendo necessaria una lotta politica per ottenere il “potere operaio”. Il comunicato Slai ci obbliga però a delle risposte.

Innanzitutto l’esecutivo nazionale corregge il tiro sulle motivazioni dell’espulsione di Mignano. Nel documento approvato dall’assemblea congressuale dello Slai di Pomigliano le accuse rivolte a Mignano sono anche di natura personale, come l’aver usufruito di premessi sindacali per motivi privati o l’aver richiesto all’organizzazione dei rimborsi spese non giustificati e, per giunta, sovente ritoccati al rialzo. Nel comunicato dell’esecutivo nazionale, invece, non si fa alcun cenno a questi fatti, che di per sé, se confermati, sarebbero gravissimi, al punto di giustificare da soli il provvedimento di espulsione. Non si tratta certo di una dimenticanza, bensì dell’implicita ammissione che ci troviamo di fronte a delle calunnie belle e buone e il fatto che lo Slai di Pomigliano abbia avuto la necessità di ricorrere a queste falsità per giustificare l’espulsione di Mignano getta una luce sinistra sulla natura di questo provvedimento, che si mostra per quello che è: l’epurazione del dissenso interno. Infatti, l’unica accusa che l’esecutivo rivolge a Mignano è di essersi messo in “concorrenza” operativa con il Cobas dell’Alfa, cioè in pratica di aver contestato e contrastato la leadership di Granillo. Se considerassimo legittimo l’atteggiamento dello Slai nei confronti delle sue frange dissidenti interne dovremmo accettare anche che una simile operazione fosse fatta dai dirigenti Fiom nei confronti della variegata area di opposizione interna e questo alla faccia dei tanto sbandierati comunicati contro la repressione dei “comunisti” all’interno della CGIL. Insomma, tutti quelli operai che finora hanno sostenuto che non è possibile militare nella Fiom perché questa li avrebbe espulsi per le loro posizioni, sono serviti: anche lo Slai, se incominci a parlare di “potere operaio” e se cerchi di costruire la lotta sindacale coerentemente con questa idea, ti espelle. Tanto più è seria questa valutazione se si considera che Mignano non è un operaio isolato, ma che insieme a lui si muove un gruppo di operai ex Slai da sempre in prima fila in tutte le lotte, tanto che la maggioranza degli operai licenziati dalla Fiat in seguito alla contestazione in assemblea del contratto e poi riassunti con una sentenza del giudice è schierata con lui.

Per quanto riguarda poi l’accusa del documento firmato da Mignano insieme a tutti gli RLS dello stabilimento, ci sembra che esso sia servito a far prendere a tutti, dirigenti aziendali e sindacalisti, dei concreti impegni sulla sicurezza, inchiodando questi personaggi alle loro responsabilità di fronte agli operai. Non è un caso che il (prevedibile) mancato mantenimento degli impegni presi ha dato la possibilità a Mignano stesso di sviluppare una dura azione di critica in fabbrica, tesa a dimostrare l’inconsistenza della posizione dei sindacati “rappresentativi”. Si tratta di una tattica sindacale, tesa a conquistare la maggioranza degli operai. Una tattica su cui certo si può discutere e dissentire ma che non può mai essere presa come giustificazione di un provvedimento di espulsione. Del resto, a questo punto, ci aspetteremmo che con la stessa inflessibilità e, in questo caso, con ben maggiori ragioni, lo Slai espellesse dalla sua organizzazione quei militanti che, malgrado il proclamato rifiuto dello Slai di ogni accordo sulla mobilità, hanno accettato accordi personali di messa in mobilità.

Passiamo ora alla questione della destituzione illegittima di Mimmo Mignano dalla carica RSU/RLS. Su questo, la posizione dell’esecutivo nazionale è profondamente ipocrita. Si nega con forza di aver avallato la destituzione da parte della Fiat, perché con la lettera del 10/07/2007 all’azienda (lettera di cui non è stato finora reso pubblico il testo completo) ci si sarebbe limitati a comunicare che Mignano non rappresentava più lo Slai, un atto dovuto, secondo lo Slai. Ma come facciamo a credere che lo Slai non sapesse che una simile comunicazione avrebbe provocato una simile decisione da parte della Fiat? Possiamo mai credere che i dirigenti Slai non fossero a conoscenza di analoghi recenti episodi avvenuti a Mirafiori (con dei delegati RSU SinCobas) e a Melfi (delegati Failms)? Quello che ci aspetteremmo dall’esecutivo nazionale è una chiara presa di posizione sull’illegittimità dell’operato aziendale, con ufficiale e pubblica comunicazione all’azienda per la permanenza di Mignano nella sua carica di delegato.

I delegati RSU rappresentano gli operai. Per la Fiat, invece, i delegati RSU non rappresentano direttamente gli operai, bensì i sindacati nelle cui liste sono stati votati. La differenza non è da poco. Se gli RSU rappresentano solo i sindacati, essi sono sottoposti al controllo diretto delle centrali sindacali, devono ubbidire ai loro comandi e seguire le loro indicazioni, anche quando esse sono apertamente in contrasto con la volontà degli operai. Nel caso si rifiutino di seguire gli ordini dei dirigenti del loro sindacato, possono essere facilmente rimossi e sostituiti da delegati più remissivi e meno combattivi. In poche parole, considerando gli RSU semplici rappresentanti dei sindacati e non degli operai che gli hanno conferito con il voto il mandato di rappresentarli, il padrone si assicura che i delegati siano più facilmente controllati e ricattati. I cosiddetti sindacati maggiormente rappresentativi vogliono assicurarsi il controllo diretto degli RSU, al punto di imporre che un terzo di tutti gli RSU non siano scelti col voto dagli operai bensì designati direttamente da questi sindacati e siano sostituibili in ogni momento da essi. Ci aspetteremmo che almeno i sindacati alternativi abbiano su questo punto un atteggiamento diverso e non finiscano con l’assumere comportamenti peggiori degli stessi sindacati confederali.

Lo Slai è d’accordo o no su questo ragionamento? Evidentemente no! Infatti nel comunicato dell’esecutivo nazionale leggiamo che “Secondo lo Slai Cobas, che non ha chiesto nulla alla Fiat, Domenico Mignano dovrebbe dimettersi lui da RLS/RSU, perché quando è stato votato dai lavoratori, questi lo hanno fatto dandogli fiducia per la sua partecipazione al progetto collettivo dello Slai Cobas. Sarà affar suo decidere cosa fare a proposito, ma per noi le elezioni dei rappresentanti dei lavoratori non sono un fatto individuale e privato”. Ma come, allora la dirigente Slai Mara Malavenda, eletta nelle liste di Rifondazione, doveva dimettersi quando fu espulsa dal gruppo parlamentare? Lo Slai si dichiara in sostanza d’accordo col ragionamento della Fiat, ma dice che preferirebbe che fosse lo stesso Mignano a dimettersi! E con questo come fa a negare che sta avallando la posizione della Fiat! E poi che significa che le elezioni dei rappresentanti dei lavoratori non sono un fatto individuale e privato, che forse deve diventare esclusiva questione di appartenenza e nomina sindacale? Gli operai hanno conferito con il voto il mandato a Mimmo Mignano (che è risultato tra l’altro il delegato con il maggior numero di voti di tutta l’RSU) e solo loro possono toglierglielo, né l’azienda né il sindacato. Chi non ragiona così si pone dalla parte dell’azienda contro gli operai.

La Sezione di Napoli dell’Associazione per la Liberazione degli Operai

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