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La guerra è una malattia

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(6 Marzo 2011) Enzo Apicella

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In pochi giorni le forze armate azerbaigiane hanno schiacciato quelle del Nagorno-Karabakh, una piccola enclave (territorio situato entro i confini di uno Stato, ma politicamente dipendente da un altro Stato) armena, che si separò dall'Azerbaijan tre decenni fa, durante il crollo dell'Unione Sovietica.
Decine di migliaia di residenti del Nagorno-Karabakh sono fuggiti per rifugiarsi in Armenia. L'Azerbaijan ha colto un pretesto, la morte di soldati nell'esplosione di una mina, per lanciare una fulminea ”operazione antiterrorismo”. Con tutta probabilità, stiamo assistendo alla fine del Nagorno-Karabakh come entità autonoma. Il futuro della comunità armena locale è sempre più incerto.
Sebbene le azioni militari di questi giorni siano in violazione di accordi sottoscritti con la Russia e impegni espressi con altri partner internazionali, l'Azerbaijan pare convinto di poter procedere ad imporre un nuovo status quo senza dovere pagare conseguenze di alcun tipo, nè militari, nè economiche, nè politiche. Mentre l'Azerbaijan attaccava, i russi sono rimasti a guardare.
Le parole di condanna dei governi dei Paesi imperialisti occidentali sono arrivate tardive e senza concrete conseguenze per Baku. Grazie anche ai consistenti investimenti in armi, resi possibili dalle abbondanti esportazioni di gas e petrolio, e all'attivo sostegno della Turchia, nel 2020, con una vittoriosa guerra durata 44 giorni, l'Azerbaijan era riuscito a prendere il controllo dei territori adiacenti al Nagorno-Karabakh, nonchè di parte dei territori storicamente abitati da armeni.
A partire dal Dicembre del 2022, con una serie di pretesti, l'Azerbaijan ha imposto un blocco del transito attraverso il corridoio di Lachin. Con il passare dei mesi, e senza alcun intervento da parte dei russi, il blocco è diventato sempre più esplicito. A partire dal Giugno trascorso, è stato interrotto il transito verso Nagorno-Karabakh anche ai convogli umanitari. Nei mesi estivi la situazione umanitaria è continuata a degradare per la popolazione armena locale, con carenza di cibo, medicinali e beni di prima necessità.
L'Azerbaijan ha ricevuto solo velate critiche da parte dei governi dei principali Paesi imperialisti. E' importante comprendere la guerra nel contesto della situazione politica e sociale prevalente in Azerbaijan e in Armenia. La famiglia Aliyev governa l'Azerbaijan da decenni. La popolazione soffre di diffusa condizione di povertà.
In Armenia, Nikol Pashinyan assunse il potere a seguito di una campagna pro-democrazia e anti-corruzione nel 2018. Nelle scorse settimane ci sono state proteste nelle strade della capitale, Erevan, con cartelli e slogan contro il suo governo, per un peggioramento delle condizioni di vita. Migliaia di famiglie sono senza casa.
L'Azebaijan è come un rullo compressore, non si ferma. E questa situazione crea un grande malcontento fra la popolazione armena, per le perdite territoriali e per la sofferenza umana generata.
Insieme al governo della Turchia, il governo dell'Azerbaijan è impegnato in una campagna internazionale per negare il genocidio armeno, che è costato la vita a un milione e mezzo di persone, nonchè il blocco economico dell'Armenia. Ai ragazzi e alle ragazze azeri viene insegnato a scuola che “gli armeni sono nemici”.
La famiglia Aliyev si è sistematicamente impegnata nella distruzione dei monumenti armeni; ad esempio nella regione di Nakhchivan, distruggendo il cimitero di Khachkar, nella città di Julfa, trasformandolo in un campo di addestramento militare. Con l'obiettivo di cancellare il patrimonio culturale armeno di questa terra.
Il 23 Aprile 2023, data dedicata alla memoria delle vittime del genocidio del 1915, il Governo di Aliyev ha istituito un posto di blocco militare, e ha presentato al popolo armeno della zona dell'Artsakh un ultimatum: accettare la cittadinanza azera o rischiare l'espulsione.
Durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) si compì, nell'area dell'ex Impero Ottomano, in Turchia, il genocidio del popolo armeno. Il governo dei Giovani Turchi, preso il potere nel 1908, attuava l'eliminazione dell'etnia armena presente nell'area anatolica fino dal 7° secolo a.C.
Dalla memoria del popolo armeno, ma anche dalla stima degli storici, perirono i due terzi degli armeni dell'Impero Ottomano, circa 1 milione e 500mila persone. Molti furono i bambini islamizzati e le donne inviate negli harem. Il 24 Apile del 1915 tutti gli armeni più esposti di Costantinopoli vennero arrestati, deportati e massacrati. A partire dal Gennaio del 1915, i turchi intrapresero un'opera di sistematica deportazione della popolazione armena verso il deserto di Der-es-zor.
La Turchia moderna continua a negare il genocidio armeno. Sostiene che non vi è stato alcun genocidio, perchè gli armeni non sono mai esistiti nella regione anatolica. I Paesi imperialisti di Oriente e Occidente, che rimangono in silenzio solo per salvare i contratti commerciali, sono complici dei carnefici di cento anni fa.
Dopo aver fatto morire di fame più di 100mila persone per diversi mesi, il governo azero, approfittando della distrazione dell'attenzione pubblica sulla guerra in Ucraina, ora cerca di completare la pulizia etnica. Il regime azero perseguita e tortura i militanti della sinistra, e, in modo particolare, gli anarchici. Il nazionalismo azerbaigiano vuole con la guerra instaurare nei territori conquistati un regime militare, che si intensificherà e si espanderà sia verso l'esterno che verso l'interno. Tutto ciò diventerà terra bruciata per i fragili movimenti di opposizione sociale.
La guerra del 2020, vinta dall'Azerbaijan, aveva ridotto notevolmente la superficie dell'enclave e reciso la continuità territoriale del Nagorno-Karabakh con la vicina Armenia. Il governo dell'Azerbaijan ha annunciato di voler realizzare un corridoio tra l'Azerbaigian e la zona azera del Nakhichevan, senza sbocco sul mare tra Turchia, Iran e Armenia. Tuttavia, nello stato dei confini risultante dalla decomposizione dell'URSS, un simile corridoio può aprirsi solo attraverso e a spese dell'Armenia. E, inevitabilmente, l'Armenia potrà opporsi solo militarmente.
Questo piccolo pezzo d'Europa, per la sua posizione geografica, le due catene montuose del Caucaso, che formano un ponte tra il Mar Caspio e il Mar Nero, è sempre stato luogo di mescolanze di popolazioni diverse, nelle loro tribolazioni tra l'Asia, il Medio Oriente e l'Europa. Ne consegue che il Caucaso è un mosaico di popoli, che vi si stabilirono in tempi diversi e si mescolarono.
Per quanto riguarda il Nagorno-Karabakh, la formazione dell'Unione Sovietica, in seguito alla rivoluzione dell'Ottobre 1917, aveva riunito le popolazioni armene in un territorio distinto dall'Armenia, amministrativamente annesso all'Azerbaijan, che lo circondava, ma con un'autonomia molto ampia. E, soprattutto, nessuna barriera statale si opponeva al movimento degli abitanti, alla loro libertà di andare e venire tra l'Armenia e il Nagorno-Karabakh, o tra l'Azerbaijan e il Nakhichevan.
Questa situazione era comune per altri popoli che vivevano nell'Unione Sovietica, che avevano un proprio territorio o che vivevano in entità amministrative con un altro gruppo etnico maggioritario, senza che ciò avesse altre conseguenze. La Russia di Lenin aveva cercato di concedere i massimi diritti a tutte le componenti nazionali della popolazione.
Ma agli inizi degli anni '30, con Stalin, si mantenne solo formalmente il quadro ereditato dalla rivoluzione del 1917 e, in molte occasioni, il regime staliniano soffocò le aspirazioni delle nazionalità del Caucaso. La situazione è cambiata rapidamente. In Asia centrale e nel Caucaso, i dirigenti politici locali hanno cercato di ritagliarsi dei feudi nelle “loro” repubbliche, presentandosi come difensori dell'etnia maggioritaria, affinchè quest'ultima fornisse loro un appoggio, contro il centro, il governo di Mosca, e contro le minoranze etniche.
E' quello che è successo tra il 1989 e il 1990 in Azerbaijan, dove il clan del leader del partito “comunista” locale voleva riunire la popolazione azera, fomentando i pogrom anti-armeni nella capitale armena Baku. Gli armeni del Nagorno-Karabakh proclamarono la loro indipendenza nel Dicembre 1991. Scoppiò una guerra, che provocò migliaia di morti.
Nel 1994 si arrivò ad un “cessate il fuoco”, non ad una pace formalmente conclusa. Poi la situazione è rimasta quella che era, caratterizzata da scaramucce di vario tipo. Le forze armate armene conquistavano aree di territorio per collegare il Nagorno-Karabakh all'Armenia. La Russia, che si trovava in quella che considerava la sua zona di influenza, con le sue truppe cercava di mantenere lo status quo.
Ma dal 2014 l'imperialismo russo si concentrava, necessariamente, sull'Ucraina. Con l'attuale sanguinosa guerra in Ucraina, la Russia non ha più la volontà di imporsi nel Caucaso. Tanto più che l'Azerbaijan ha il sostegno politico e militare della Turchia, membro della NATO, ma anche partner, fino ad un certo punto, di Mosca nel conflitto ucraino.
Nessuno sa come si evolverà questo conflitto tra Azerbaijan e Armenia, ma una cosa è certa: il Caucaso è tornato ad essere un punto estremamente caldo. E i proletari della regione, siano essi armeni, azeri o altri, pagheranno il prezzo di una guerra che rischia di estendersi. Quindi urge sviluppare la lotta di classe, per rovesciare le classi borghesi dominanti in Azerbaijan e Armenia, per costruire un futuro di pace.

Alternativa di Classe

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