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Guerra e pace

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(25 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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(23 Aprile 2024)

Editoriale del n. 136 di "Alternativa di Classe"

B. Pistorius

Il Ministro della Difesa tedesco B. Pistorius

Nell'ambito dello scontro in Medio Oriente, dopo un pesantissimo raid in Siria, avvenuto a fine Marzo, che aveva provocato ben 44 morti ad Aleppo, Israele ha continuato gli attacchi al nord, in Libano e in Siria, contro Hezbollah, ed il 1° Aprile ha distrutto il consolato iraniano a Damasco, uccidendo, fra l'altro, un alto comandante dei “Guardiani della rivoluzione”. Colpendo l'ambasciata d'Iran, Israele, dal punto di vista giuridico, lo ha fatto in territorio iraniano, e la Repubblica islamica non lo ha certo considerato un “pesce d'Aprile”...
Fonti governative iraniane, infatti, hanno subito annunciato che “la risposta sarà dura” ed avverrà “nei tempi e nei modi che Teheran deciderà”. Israele ha deciso, così, di concentrare le truppe presenti a Gaza verso il nord, al confine con il Libano, senza trascurare le continue uccisioni di proletari palestinesi e spesso, “per sbaglio”, anche di personale volontario internazionale preposto alla distribuzione degli aiuti umanitari.
Nella notte fra Sabato 13 e Domenica 14, dall'Iran e dagli altri Stati confinanti, in cui sono presenti forze che vi fanno riferimento, sono partiti oltre trecento fra droni e missili, diretti verso il territorio israeliano. Con la collaborazione di USA, RU, Francia e Giordania (dove peraltro vivono ben 2,4 milioni di palestinesi!...), Israele ha neutralizzato in volo la stragrande maggioranza degli attacchi, limitando i danni umani ad alcuni ferimenti.
Dopo l'attacco, l'Iran ha comunicato all'ONU che, in assenza di “provocazioni” israeliane, ritiene “La questione.... chiusa così”; anche per i “padrini” di Hamas la strage continuata di palestinesi è secondaria. Israele, invece, che aveva tranquillamente disatteso la Deliberazione del Consiglio di Sicurezza del 25 Marzo (approvata con l'astensione USA) per il “cessate il fuoco” a Gaza, ne ha chiesto la convocazione contro l'attacco iraniano. Nel contempo, ha annunciato la sua “risposta”, della quale sta discutendo l'entità nei propri “gabinetti di guerra”...
Gli USA, pur riconfermando il proprio impegno “incrollabile” verso Israele, hanno chiesto con insistenza a Netanyahu che la risposta fosse moderata, e tale da non innescare una “escalation” di ritorsioni. Tale richiesta appare più legata all'approssimarsi delle elezioni americane, che ad una reale volontà mitigatrice dello scontro internazionale da parte dell'imperialismo USA. Nel frattempo, G. Meloni, in qualità di presidente, ha convocato una videoconferenza del G7 sul tema già il 14, inserendo l'attacco dell'Iran tra i temi da discutere alla riunione di Capri.
Preoccupazione formale per quanto sta avvenendo in Medio Oriente viene manifestata da tutti gli Stati dell'area, dai principali Stati imperialisti, e, strumentalmente, finanche dalla NATO. In particolare, la Russia, che ha ottimi rapporti con l'Iran, e, però, non vuole rovinare quelli con Israele, a fine febbraio scorso, aveva ospitato una conferenza interpalestinese, per riavvicinare le forze della Resistenza palestinese, guidata da Hamas, la Jihad islamica e la stessa Fatah verso il sostegno alla piattaforma dell'OLP.
In Europa, dal punto di vista militare, la Russia, che, a differenza dello Stato ucraino, abbonda di munizioni, ne controlla oggi l'intero lato orientale del territorio. L'Occidente mantiene aperto lo scontro quanto basta, incrementando la politica bellicista ed il riarmo degli Stati UE, probabilmente fino a quando sarà direttamente l'Unione stessa in grado di competere militarmente, “ad armi pari”. In tale senso pare andare anche la Conferenza di Pace che la Svizzera sta organizzando per i prossimi 15 e 16 Giugno.
A tale Conferenza dovrebbero partecipare anche i BRICS, ma senza la Russia, che rivendica di non essere stata invitata. Gli imperialismi occidentali hanno “benedetto” al G7 di Capri tale iniziativa, molto gradita a Zelenskij, per farne una sorta di “ammortizzatore” da affiancare allo scontro sul campo. E mentre i proletari ucraini, come quelli russi, continuano a morire uccisi, il mese scorso Zelenskij ha acquistato da Re Carlo d'Inghilterra una dorata residenza, la Highgrove House, con parco annesso, nella campagna inglese, per 20 milioni di sterline!...
Nel quadro del relativo disimpegno USA dalla guerra ucraina (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno XII n. 135 a pag. 2), e con l'obiettivo di stabilizzare il focolaio nell'est europeo, il Segretario della NATO, J. Stoltenberg, al Vertice di Bruxelles del 3 Aprile scorso, ha poi proposto, nel piano denominato “Missione per l'Ucraina”, la istituzione di un Fondo quinquennale da 100 miliardi di dollari (USD) per gli aiuti militari. La proposta comincerebbe così a ridurre la spesa USA per l'Ucraina da 60 a 16 miliardi di dollari.
Negli Stati UE della NATO la spesa pubblica dal 2013 è aumentata in 10 anni del 35%, mentre quella per acquisto di armamenti lo è del 168%, con un aumento 14 volte maggiore di quello del PIL complessivo! L'aumento di spesa nell'ultimo anno è quasi del 10%., a fronte della stagnazione delle relative economie. Si calcola che il relativo aumento occupazionale risulta molto minore di quello che avrebbe prodotto lo stesso investimento, se ripartito nei settori di ambiente, istruzione e sanità. Ma non è certo l'occupazione il fine dell'imperialismo europeo!
Nonostante la fase di depressione in cui si trova (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno XII n. 132 a pag. 5), anche la Germania sta abbracciando il militarismo dilagante in Europa, con la decisione di inviare fuori dai propri confini, per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, una propria brigata: in Lituania. Inoltre il Governo ha approvato la riforma, presentata dal Ministro della Difesa, B. Pistorius, per portare la forza a 203mila soldati e rendere in sei mesi le proprie forze armate “pronte alla guerra”.
Per quanto riguarda l'Italia, il suo ruolo nel Piano comunitario per la Difesa (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno XII n. 135 a pag. 2) non si gioca tanto sul terreno del potenziamento delle strutture militari, quanto su quello della produzione armiera, preferibilmente joint venture perchè si “spari europeo”... La stessa scelta, paventata dai pacifisti, di una “mini-naja” obbligatoria, alla svedese, e sempre possibile, ma obiettivamente meno preoccupante della “difesa totale operativa” richiesta dalla NATO per coinvolgere le popolazioni civili europee.
Coinvolge molto di più l'Italia il nuovo Patto su migrazioni e asilo, approvato Mercoledì 10 dal Parlamento Europeo a modifica di quello attuale e che entrerà in vigore fra due anni. E' un patto che peggiora la tendenza a criminalizzare e punire i migranti, abbassando l'età minima per queste pratiche a bambini di soli 6 anni, e, oltre a mantenere sostanzialmente i meccanismi della Carta di Dublino, rinforza la “fortezza Europa” con militarizzazione ed esternalizzazione dei confini e delle procedure di asilo, continuando a finanziare la famigerata e criminale “guardia costiera libica”.
E mentre partiti e gruppi parlamentari si stanno preparando per le elezioni del prossimo 8 e 9 Giugno, la situazione dei lavoratori europei è critica. La stessa Commissione Europea ha constatato, dati i livelli di inflazione raggiunti, una perdita di salario reale nei primi tre trimestri del 2022, con “...un deterioramento del potere d’acquisto di numerosi lavoratori, particolarmente quelli con bassi salari”. Nei Paesi UE la parte di risorse destinate ai lavoratori è passata da più del 65% del PIL nel '76 a meno del 56% oggi, con un relativo impoverimento nel tempo.
Se a quanto sopra si aggiunge il fatto che nel resto d'Europa dal 1990 al 2020 i salari sono aumentati (in Danimarca del 38,7%, in Germania del 33,7%, in Francia del 31,1%, ecc.), mentre in Italia sono diminuiti del 2,9%, si capisce quanto sia necessaria una mobilitazione su questo terreno. I contratti sono scaduti per quasi tutte le categorie, ed urge una lotta, che superi la dimensione categoriale, per imporre, finalmente, aumenti salariali consistenti!...
A questo si aggiunge la recente pubblicazione da parte del Governo del Documento di Economia e Finanza (DEF), Con la scusa che dovrà essere approvato dalla UE un nuovo “Patto di stabilità e crescita”, ma in realtà dato l'approssimarsi delle elezioni, il Governo si è limitato ad indicare le varie voci con le relative cifre, ma senza un vero quadro programmatico di quanto intende fare... Mentre un abbassamento dei salari per l'assenza del “taglio del cuneo fiscale” degli ultimi anni è ad oggi un'ipotesi, è assolutamente certo, invece, un ulteriore taglio alla sanità.
Per il 2023 è stato garantito un rapporto tra spesa sanitaria e PIL del 6,3%, fra i più bassi in Europa e con uno 0,4% meno dell'anno precedente, con 3,6 miliardi di euro in meno di quanto aveva previsto la stessa NaDEF 2023. La tendenza ad un continuo peggioramento del Servizio Sanitario Nazionale è mantenuta e incrementata, alla faccia della retorica sul COVID-19 e sugli “angeli della corsia”, dei proclami della Meloni sugli “stanziamenti più alti mai raggiunti finora”, e dei soldi che finiscono ai gestori privati.
Il disservizio va “Dai lunghissimi tempi di attesa all’affollamento inaccettabile dei pronto soccorso; dalle diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di prestazioni sanitarie alla migrazione sanitaria dal Sud al Nord; dall’aumento della spesa privata all’impoverimento delle famiglie sino alla rinuncia alle cure”, come dichiarato dalla Fondazione GIMBE. E il rapporto spesa sanitaria/PIL è previsto in continua diminuzione fino al 2026, e a livelli inferiori a quelli pre-COVID del 2019, quando il rapporto era al 6,4%.
La rinuncia alle cure sanitarie è determinata dalle interminabili liste di attesa, che portano al privato chi si può permettere una data prestazione, mentre i rimanenti rinunciano. E' quindi facile capire a chi fa comodo una situazione del genere: a chi fa profitto dalla (mancanza di) salute altrui. Il confronto fra i redditi di chi rinuncia ed il numero di rinunce dimostra come il fenomeno è più alto per i redditi più bassi, com'è ovvio che sia; lo stesso avviene per chi rinuncia ad altre spese a vantaggio di quelle sanitarie. Fra i lavoratori le rinunce crescono, insieme al lavoro povero.
L'accordo concluso Lunedì 15 da Leonardo SpA con la Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per la “Militar Mobility”, per facilitare cioè il trasporto delle armi prodotte, con preavviso ridotto, su larga scala e anche verso gli altri Paesi UE e fuori, è il segno del ruolo affidato all'Italia di produzione e rifornimento di armamenti. In questo senso, serve diffondere il militarismo nelle scuole, come sta avvenendo, diffondere il nazionalismo, in veste più o meno democratica, e l'abitudine al bellicismo da parte dei media mainstream, oltre che potenziare la sicurezza sul piano repressivo.
Ovviamente la campagna elettorale europea, di fatto già iniziata da tempo, sta lasciando in sordina gli aspetti più eclatanti su questo piano. Significative, comunque, le convergenze fra Schlein e Meloni quando si tratta della posizione militare dell'Italia nel contesto internazionale. Ad oggi vengono malmenati gli studenti, quando manifestano per il “cessate il fuoco” a Gaza, e gli operai, quando, legati prevalentemente a sindacati di base, lottano e difendono strenuamente le proprie condizioni di lavoro o il posto di lavoro stesso.
Con uno schieramento complessivo di ben 1400 militari in terra e in mare, Venerdì 19 è terminata la riunione dei Ministri degli Esteri del G7 nell'isola di Capri, iniziata il giorno 16. Oltre ai temi globali legati alla comunicazione informatica, tutte le aree di guerra, più o meno latente, del mondo sono oggetto dei vari capitoli in cui si articola il documento conclusivo, che affianca altri due documenti specifici, uno sul Medio Oriente ed uno sul sostegno all'Ucraina.
Per quanto riguarda la parte sulla questione africana, rispetto alla quale il susseguirsi di golpe in vari Paesi, specialmente nell'Africa ex-francese, sta avvantaggiando la Cina, la Turchia, e, soprattutto, la Russia, gli Stati del G7, grazie alla presenza al Vertice del presidente di turno della Unione Africana, hanno puntato, oltre ai tentativi del Governo Meloni di valorizzare il “Piano Mattei”, molto gradito agli USA, sul rafforzamento del partenariato tra Unione Africana e Stati del G7.
Nel capitolo sull'Indo-Pacifico si sottolinea la “necessità” per gli imperialismi di Occidente di una “libera navigazione” in quei mari ed il sostegno ad ASEAN ed agli altri Stati alleati, in cui si include anche l'India, mentre vengono, ovviamente, attaccate Corea del Nord e Cina, peraltro accusata, strumentalmente, di fornire alla Russia “materiali e componenti dual-use”, e cioè che possono essere usati anche per produzioni militari. Nello stesso tempo viene sollecitato l'imperialismo rivale a fare pressioni sulla Russia rispetto alla guerra ucraina.
Il documento sulla guerra ucraina è intitolato ad un “costante sostegno” da fornire a tale Stato. I Ministri degli Esteri si sono impegnati, a nome dei rispettivi Stati, e, su forti pressioni dell'omologo ucraino, D. Kuleba, lì presente, a sostenerne “l'autodifesa”, continuando a mantenere congelati i beni russi in occidente ed a fornire materiali bellici e sistemi d'arma. In particolare gli Stati UE hanno convocato per Lunedì 22 in Lussemburgo un Consiglio congiunto degli Affari Esteri e Difesa, sotto la presidenza di J. Borrell e in collegamento video con gli omologhi ucraini.
Sotto l'impulso di un nuovo attacco, questa volta di Israele (che pure nega responsabilità dirette) all'Iran tra il 18 e il 19, poco prima della conclusione del Vertice, ha avuto più risalto il documento sul Medio Oriente. Sono state colpite basi militari in Siria, in Libano, ed all'interno del territorio iraniano, quindi, poi, anche in Iraq. Gli Stati Uniti, “preavvertiti” dell'attacco, si sono compiaciuti della “discrezione” usata da Israele, che ha permesso loro di firmare un documento del G7 che raccomanda una “de-escalation” nell'Area.
Il documento del G7 sul Medio Oriente, pur affermando di rivolgersi a tutti i protagonisti degli scontri, è indirizzato, ovviamente, a senso unico contro l'Iran, cui vengono attribuite tout court le responsabilità di quanto vi sta accadendo, e al quale, perciò, vengono promesse sanzioni. Si esprime opposizione a rappresaglie israeliane a Rafah contro i palestinesi, nonostante una iniziale disponibilità USA “per evitare lo scontro aperto” di Israele con l'Iran, e chiede il transito degli aiuti umanitari.
La presunta soluzione della questione palestinese, attraverso il riconoscimento di uno Stato borghese indipendente in Medio Oriente, la famigerata formula dei “Due popoli, due Stati”, è stata votata all'ONU Giovedì 18, e non è passata per il veto degli USA, con grande delusione dell'ANP. Lo stesso Hamas pare sia divenuto favorevole all'unico sbocco possibile per il suo nazionalismo islamista, ma, evidentemente, per l'imperialismo USA non è arrivato il momento! E i proletari palestinesi continuano ad essere massacrati per obiettivi di altri.
Negli scontri del 7 Aprile con la polizia di Tel Aviv, quando venivano chieste, lì e altrove, le dimissioni di Netanyahu, il ritiro della “riforma” della giustizia, il ritorno degli ostaggi e la fine delle sofferenze a Gaza, tra i 100mila manifestanti vi era anche chi definiva “dittatore” il Primo ministro e chi contestava radicalmente la politica governativa...
E' necessario che in entrambi gli schieramenti imperialisti che si stanno profilando aumenti la mobilitazione contro le politiche guerrafondaie delle rispettive borghesie. Il rifiuto di difendere gli interessi delle proprie borghesie nazionali, imperialiste o dipendenti che siano, deve accomunare i proletari nel mondo, e i rischi di una nuova barbarie per tutto il genere umano sono tutt'altro che ridotti dai momenti di tregua, che sono complementari allo scontro. Oggi è una partita a scacchi, ma il rischio che domani diventi altro è sempre presente.

Alternativa di Classe

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