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GAME OVER

Editoriale di Radio Città Aperta del 7 febbraio

(9 Febbraio 2003)

"Il gioco è finito". Il presidente americano Bush ha rotto gli indugi e messo fine alla pantomima di questi mesi sulla guerra contro l'Iraq. Il balletto formale alle Nazioni Unite, le mappe nebbiose di Colin Powell, il via vai diplomatico in Europa e in medio oriente, sono stati solo dei rimbalzi di palla nel flipper della Casa Bianca.

E' onesto ammettere che questo esito fosse scontato. Sarebbe disonesto ritenere Bush come l'unico ad aver giocato scorretto.

Esaminando gli ultimatum che nella storia hanno portato alle guerre, il copione si somiglia in modo impressionante. E' sufficiente leggersi quello dell'Austria alla Serbia che innescò la prima guerra mondiale (e che somiglia moltissimo alla trappola di Rambouillet che portò all'aggressione NATO nel 1999) oppure quello dell'Italia alla Turchia che portò all'invasione italiana della Libia nel 1911 o, ancora, quello che portò all'invasione nazista della Polonia nel 1939.

A nulla servirono le concessioni dei paesi bersaglio, le mediazioni delle cancellerie dei paesi terzi o le discussioni in sede della Società delle Nazioni diventate poi le Nazioni Unite.

Gli Stati Uniti, la loro economia, i loro interessi geopolitici, la loro sovrastruttura religiosa vogliono fare questa guerra ed hanno deciso di farla. E la faranno, si badi bene, per la loro sopravvivenza come unica potenza mondiale sopravvissuta come tale alla seconda guerra mondiale e alla guerra fredda. In gioco c'è il mantenimento della loro egemonia sul mondo, una egemonia che, avendo perso peso sul piano economico e culturale, rimane solo come supremazia sul piano militare.

A questo punto, il sistema internazionale che abbiamo conosciuto dal dopoguerra a oggi, subirà uno scossone senza precedenti negli ultimi sessanta anni e inclina definitivamente il piano su cui ha cercato di reggere alle proprie contraddizioni. Francia, Germania, Cina e Russia hanno ben compreso la posta in gioco e dovranno adesso decidere se piegare ancora una volta la testa davanti al più forte e compromettere così ogni ambizione ad un mondo multipolare oppure sfidare la supremazia americana aprendo la strada ad una competizione interimperialista zeppa di incognite.

Questa crisi non è come le altre e questa guerra non sarà come le altre. E' bene dircelo subito ed esserne coscienti.

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