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(5 Settembre 2011) Enzo Apicella
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8 Marzo 2008. Niente da festeggiare e molto per cui lottare

(8 Marzo 2008)

In questo giorno che commemora la morte orribile, nel 1908, di 129 operaie della fabbrica tessile Cotton bloccate dal loro padrone nello stabilimento in cui si sviluppò un incendio, vale la pena di chiederci se abbiamo qualcosa da festeggiare.

Morte sul lavoro ……, e le donne sono l’8% dei circa 1.300 lavoratori che muoiono ogni anno e il 30% del milione di infortunati: carne da macello perché i padroni aumentino sempre più i loro profitti mentre i lavoratori si impoveriscono e le loro condizioni di lavoro e di vita peggiorano di giorno in giorno.

Attacco alla legge 194 sull’aborto: da mesi personalità, politici, Chiesa e rappresentanti dello Stato strillano per l’abolizione della possibilità di abortire in modo sicuro, in ospedali pubblici e gratuitamente, dimenticandosi la mattanza degli aborti clandestini a cui molte lavoratrici erano costrette a ricorrere, tra l’altro per non perdere il posto di lavoro. Peccato che questi “difensori” dei diritti del feto non facciano altrettanto quando muoiono bambini per banali operazioni come un’appendicite, dato che hanno svenduto la sanità agli imprenditori privati e che anche gli ospedali pubblici rimasti abbiano come primo obiettivo non curare le persone ma fare profitti. E che dire delle migliaia di bambini (oltre a donne e uomini) feriti e morti sotto le bombe delle loro “guerre umanitarie” per il petrolio? Loro non hanno “diritti umani”, né difensori.

Da quel lontano inizio del ‘900 sono davvero migliorate le condizioni delle donne lavoratrici? Non sembra proprio, perché ancora oggi ci troviamo a lottare contro lo sfruttamento, la precarietà, l’impoverimento crescente e l’impossibilità di avere un futuro dignitoso per noi, dopo una vita di lavoro in casa e fuori, perché ci hanno tagliato anche le pensioni, e per i nostri figli, che dopo una vita di lavoro precario con salari da fame rischiano di non avere neppure la pensione.

Non si tratta di attacchi alle donne: è un attacco generalizzato alle condizioni di vita e di lavoro di tutti i lavoratori, donne o uomini che siano.

Allora lasciamo che a festeggiare siano le “imprenditrici”, che non sono semplicemente donne come noi. Noi costruiamo la ricchezza del nostro paese e loro se ne appropriano.

Noi ricominciamo a pensare come organizzarci senza delegare più a nessuno la difesa dei nostri interessi di donne lavoratrici.
Finchè gli essere umani (femmine o maschi che siano) non saranno liberi dallo sfruttamento e dall’oppressione neanche le donne potranno essere libere.

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

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