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Casta e dintorni

(4 Giugno 2009)

Ascoltavo oggi alla radio “28 minuti” a cura di Barbara Palombelli che intervistava Massimo D’Alema. Il tono era colloquiale e quasi confidenziale, come si conviene tra due esponenti della “CASTA”, dove il ruolo della RAI è quello di puntellare il potere dei partiti senza fare mai quelle domande scomode, che dovrebbero essere obbligatorie per chiamarsi giornalisti, e l’impressione era quella evocata da Totò e Nino Taranto che vendevano la fontana di Trevi al farlocco di turno.

La consorte del bollito Rutelli chiedeva all’intelligentissimo D’Alema lumi su come si potesse rinnovare la classe dirigente del suo partito (il PD), e la pronta risposta era quella che un ruolo insostituibile ce l’hanno proprio i vecchi dirigenti nel formare i nuovi, poiché il partito è una scuola in cui si forma la classe dirigente, proprio come fu per D’Alema che aveva avuto maestri quali Terracini, Ingrao, Amendola, ecc.

La domandina facile facile che sarebbe dovuta seguire, ossia se la cosa vale anche per quei gruppi dirigenti che hanno portato la sinistra alla perdita di identità e alla sconfitta, non si è sentita, e la prospettiva dalemiana di continuità è sembrata soddisfacente per la “giornalista”.

Probabilmente ciò la rassicurava per un residuo ruolo per il consorte che solo nel caso di un mancato rinnovamento può continuare a vagare per il comodo “Palazzo”.

La crisi della sinistra, nel suo variegato insieme, è una delle cause del dilagare della destra, e proprio le mancate dimissioni di tutti i responsabili della storica sconfitta, da Veltroni a Bertinotti, a D’Alema ecc,, sono il più grande ostacolo al rinnovamento e alla scelta di una nuova strategia.

Non si vuole comprendere che è necessario un costante rinnovamento dei dirigenti attraverso la non rieleggibilità dopo due legislature, perché una lunga permanenza nel Palazzo, da incendiario ti fa diventare pompiere, e quello che conta non è l’anzianità o l’esperienza, ma la strategia e i valori a cui ci si ispira.

Essere di sinistra OBBLIGA a rappresentare le classi subalterne, i salariati, i precari, i disoccupati,i poveri, che devono essere formati e mandati in Parlamento, senza che avvocati o giornalisti o funzionari di partito parlino al loro posto.

Già questa sarebbe una rivoluzione. Finora una falsa sinistra si è sempre ben guardata dal fare arrivare in Parlamento le figure sociali a cui dice di ispirarsi.

Quanto alla strategia, una volta abbandonata la teoria rivoluzionaria, i falsi comunisti italiani hanno parlato di una fantomatica via italiana al socialismo, di tipo riformista, ridicolmente fallita fino a portare il più grande capitalista italiano primo ministro.

Accettando il capitalismo non poteva che finire così e oggi i nipotini di quella sinistra abusiva sono con il cappello in mano a chiedere ai padroni di investire, pur di avere qualche occupato in più, anche se con meno salario e con tre morti al giorno per mancate misure di sicurezza.

La subalternità della sinistra al capitalismo è totale e non si capisce perché oggi uno la dovrebbe votare.

Eppure la crisi mondiale del capitalismo, con le sue truffe, l’alterazione profonda dell’ambiente, il consumismo, l’enorme inquinamento, la sovrappopolazione, dovrebbe far sorgere un fronte antagonista capace di portare il mondo verso una economia sostenibile, basata innanzi tutto sulla autonomia alimentare ed energetica di ogni paese. Con profonde ristrutturazioni che portino la maggior parte della popolazione a vivere nelle campagne, producendo in cooperativa, in famiglia o da singoli, al tempo stesso prodotti agricoli ed elettricità, con tecnologie rinnovabili, impedendo così il formarsi dello sfruttamento capitalista del lavoro salariato, per una nuova società di piccoli produttori che autogestiscono il proprio lavoro senza farsi sfruttare da nessuno.

Una strategia del genere ha bisogno di una rappresentanza politica. Sostenibilità, equilibrio tra abitanti e risorse, energia pulita e diffusa,piccolo modo di produrre, fine della schiavitù salariata, abolizione degli eserciti, sono la vera modernità e lungimiranza e l’unica strada possibile verso cui incamminarsi.

Oggi in Italia milioni di persone potrebbero cominciare a vivere e produrre in modo diverso, basandosi solo sulla voglia di non dipendere da nessuno e sulla capacità di collaborazione con altre persone, per dimostrare che un altro mondo è possibile, e far vedere quanto è preferibile vivere usando il proprio cervello, senza rischiare vita e salute, senza la precarietà e la paura di essere licenziato, radicato nel territorio e legato alle persone che fanno le stesse scelte.

3 giugno 2009

Paolo De Gregorio

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Commenti (1)

Comunismo non medio Evo.

Un saluto a tutti. Vorrei che si confrontasse i due brani. Il primo è tratto dal pezzo di Paolo De Gregorio.

“Eppure la crisi mondiale del capitalismo, con le sue truffe, l’alterazione profonda dell’ambiente, il consumismo, l’enorme inquinamento, la sovrappopolazione, dovrebbe far sorgere un fronte antagonista capace di portare il mondo verso una economia sostenibile, basata innanzi tutto sulla autonomia alimentare ed energetica di ogni paese. Con profonde ristrutturazioni che portino la maggior parte della popolazione a vivere nelle campagne, producendo in cooperativa, in famiglia o da singoli, al tempo stesso prodotti agricoli ed elettricità, con tecnologie rinnovabili, impedendo così il formarsi dello sfruttamento capitalista del lavoro salariato, per una nuova società di piccoli produttori che autogestiscono il proprio lavoro senza farsi sfruttare da nessuno.”


Il programma di Kronstadt

RISOLUZIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE 1a E 2a SQUADRA MARITTIMA

Dopo aver ascoltato il rapporto dei rappresentanti degli equipaggi inviati a Pietrogrado dalla assemblea generale dei marinai della flotta per esaminare la situazione, è stato deciso quanto segue:
1) di procedere immediatamente alla rielezione a scrutinio segreto dei soviet, dato che i soviet attuali non esprimono la volontà degli operai e dei contadini. A questo scopo dovrà svolgersi prima una libera propaganda elettorale affinché le masse operaie e contadine possano essere onestamente informate.
2) di esigere la libertà di parola e di stampa per gli operai e per i contadini, per gli anarchici e per i socialisti di sinistra.
3) di esigere libertà di riunione per i sindacati operai e per le organizzazioni contadine.
4) di convocare entro il 10 marzo 1921 un'assemblea generale degli operai, dei soldati rossi e dei marinai di Kronstadt e di Pietroburgo.
5) di rilasciare tutti i prigionieri politici socialisti e tutti gli operai e i contadini, i soldati rossi e i marinai, arrestati in occasione di diverse agitazioni popolari.
6) di eleggere una commissione incaricata di esaminare i casi di tutti i detenuti trattenuti nelle prigioni e nei campi di concentramento.
7) di abolire tutte le «sezioni politiche» perché d'ora in poi nessun partito deve avere dei privilegi per la propaganda delle sue idee, né ricevere la minima sovvenzione dallo stato per tale scopo. Al loro posto, noi proponiamo che siano elette in ogni città delle commissioni di Cultura e di Educazione finanziate dallo Stato.
8) di abolire immediatamente tutti gli sbarramenti militari.
9) di uniformare le razioni alimentari per tutti i lavoratori, salvo per coloro che esercitano mestieri particolarmente insalubri e pericolosi.
10) di abolire tutti i reparti speciali comunisti nell'unità dell'esercito, e la guardia comunista nelle fabbriche e nelle miniere. In caso di necessità questi corpi di difesa potranno essere designati dalle compagnie nell'esercito e dagli operai stessi nelle fabbriche.
11) di dare ai contadini la piena libertà di azione per ciò che concerne le loro terre, e il diritto di allevare il bestiame, a condizione che compiamo da soli il loro lavoro, senza l'impiego di lavoratori salariati.
12) di chiedere a tutte le unità dell'esercito e ai compagni delle scuole di cadetti di solidarizzare con noi.
13) di esigere che questa risoluzione sia largamente diffusa dalla stampa.
14) di designare una commissione mobile incaricata di controllare questa diffusione.
15) di autorizzare la produzione artigianale libera purché non impegni il lavoro salariato.

(«Izvestia» N° 1, giovedì 3 marzo 1921)

Sono evidenti le profonde analogie tra le tesi di Paolo De Gregorio e Il programma di Kronstadt. Bisogna dire, allora, che essere anticapitalisti, non significa essere dei comunisti. La storia si ripete, e si ripeterà tragicamente, se i comunisti, quelli veri, non saranno chiari fin da adesso: la soluzione al capitalismo non è quella proposta da Paolo De Gregorio
e di quelli come lui. Tale proposta è reazionaria, non è da comunisti e nemmeno da anarchici, ed oggi per fortuna. Il comunismo non è il ritorno al medio Evo, ma lo sviluppo necessario del capitalismo. Saluti rossi.

(7 Giugno 2009)

Migliorati Isidoro Partito Comunista dei Lavoratori CUB-RdB.

miglioratiisidoro@yahoo.it

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