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Dichiarazione XIV Seminario di Quito

sui Problemi della Rivoluzione in America Latina

(19 Luglio 2010)

Nonostante i disperati sforzi della borghesia internazionale per mettere fine alla crisi del sistema capitalista e a dispetto delle "ottimiste" analisi degli economisti borghesi che da mesi immaginavano la fine della stessa e l'inizio di una ripresa economica, siamo oggi testimoni di un ulteriore momento di approfondimento della crisi del sistema, continuazione di quella iniziata alla fine del 2008 negli Stati Uniti, che ben presto si estese alle più grandi economie del pianeta ed i cui effetti si sono sentiti in tutto il mondo. Il corso dello sviluppo di questo fenomeno ha dato l'impressione che esso abbia avuto origine nel settore finanziario, ma si tratta di una crisi di sovrapproduzione relativa di beni di consumo e, come abbiamo segnalato nel precedente seminario, la sua causa è radicata nella contraddizione esistente tra il carattere sociale della produzione e l'appropriazione privata dei beni e delle ricchezze prodotte, che si presenta come la contraddizione fondamentale del sistema capitalista-imperialista dominante.

In paesi come i nostri, per effetto della crisi internazionale, si è accelerato un processo di distruzione delle forze produttive, dei capitali autoctoni, delle industrie nazionali e delle fonti di lavoro. Migliaia di conterranei si vedono obbligati ad abbandonare le case per vendere la propria forza lavoro nei paesi capitalisti più sviluppati, dove sono vittime del super sfruttamento e di politiche xenofobe e razziste.

Come nel passato, la borghesia internazionale cerca di scaricare sulle spalle dei lavoratori e dei popoli i meccanismi per ottenere la ripresa economica del sistema e delle sue imprese. Un esempio attuale di ciò sono le misure di aggiustamento elaborate dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Centrale dell'Unione Europea e dai governi di Grecia e Spagna che colpiscono duramente i lavoratori di quei paesi.

Ma i popoli non si conciliano con quelle misure: le combattono. In questi giorni, in maniera particolare in Europa, la classe operaia svolge un ruolo fondamentale nella resistenza e si mobilita con lo slogan "Che la crisi la paghino i capitalisti che ne sono i responsabili, non i lavoratori". Anche l’America, l’Asia e l’Africa sono lo scenario di lotte popolari contro la crisi e i suoi beneficiari.

Per la sua rilevanza ed intensità questa è la crisi più grave nella storia del capitalismo, tuttavia non per questo il sistema crollerà da solo. L'esperienza storica ci mostra che ha capacità di recupero, tuttavia è evidente che gli effetti negativi della crisi fanno crescere la sfiducia dei popoli nel capitalismo e determinano migliori condizioni per il lavoro rivoluzionario, per far sì che le masse comprendano che non c'è via uscita nel quadro di questo sistema decadente e che il socialismo è l'alternativa per lo sviluppo e il progresso dell'umanità. Senza dubbio, questa crisi è un'opportunità per l’avanzata delle forze rivoluzionarie.

In conformità a questi avvenimenti, in America Latina c'è un importante processo di sviluppo della coscienza politica dei popoli che, a diversi livelli, hanno saputo identificare ed isolare gli esponenti e difensori dal rapace neoliberismo. Al calore delle lotte si è delineata una tendenza democratica, progressista e di sinistra che ha provocato un cambiamento nei rapporti di forze sociali e politici nella regione. I governi democratici e progressisti esistenti sono risultato ed espressione di questo nuovo scenario; tuttavia i loro limiti sono evidenti, poiché, al di là dei loro enunciati, delle loro realizzazioni, salvo alcune eccezioni, non fanno altro che puntellare il sistema imperante.

Le condizioni politiche in America Latina sono favorevoli per la rivoluzione, perciò non è casuale che la borghesia cerchi diversi meccanismi per frenare la lotta delle masse o per deviarla nei suoi obiettivi. Vecchie teorie vengono aggiornate a tale scopo e all'interno del movimento popolare, come all’esterno di esso (inclusi i governi considerati come progressisti), si strombazza l’urgente necessità di raggiungere i cambiamenti sociali che devono essere realizzati per la via delle riforme e nel quadro delle istituzioni, rispettando i meccanismi e i canali democratici. Ovviamente, si tratta di istituzioni e di una democrazia concepite e dirette da banchieri, grandi industriali, proprietari terrieri, cioè, dalle classi sfruttatrici.

Il discorso costituzionalista, pacifista, che parla della conciliazione sociale e nazionale, cerca di fare in modo che la coscienza delle masse non avanzi a livello rivoluzionario, che queste facciano affidamento nelle riforme nel quadro del capitalismo come via per risolvere i loro mali. Noi rivoluzionari comprendiamo che senza il potere nelle mani dei lavoratori le riforme non svolgono un ruolo rivoluzionario e che non è possibile farla finita con lo sfruttamento dell'uomo sull’uomo, e pertanto non è possibile la liberazione sociale. Lottiamo per le riforme come rivendicazioni materiali e politiche delle masse, necessarie nelle circostanze per migliorare le condizioni di vita dei popoli, ma che in nessun modo sono la soluzione definitiva dei loro problemi. Limitarsi alla lotta per le riforme equivale a fidarsi del capitalismo, è fare il gioco degli usurpatori del potere, è cadere nel riformismo e nella politica socialdemocratica, strumenti delle classi dominanti. Dal punto di vista politico lottiamo per le riforme come un meccanismo per accumulare forze per la rivoluzione.

I lavoratori ed i popoli devono lasciarsi alle spalle i canti di sirena che parlano di rivoluzioni pacifiche, di rivoluzioni cittadine o di socialismo del XXI secolo, che costituiscono progetti politici funzionali al capitalismo, poiché non prendono misure per colpire la pietra angolare sulla quale si erige questo sistema: la proprietà privata dei mezzi di produzione. Dobbiamo mettere fine, in maniera rivoluzionaria, al potere della borghesia e questo implica la conquista del potere. Perciò ricorriamo a tutte le forme di lotta e lavoriamo per includere tutte quelli classi, strati e settori sociali colpiti dal capitalismo ed interessati alla rivoluzione sociale.

Lo sviluppo della lotta delle masse è un'importante tendenza presente nella vita politica dei paesi dell'America Latina. I lavoratori, la gioventù ed i popoli in generale lottano per il cambiamento sociale, fanno pressione sui governi progressisti affinché portino avanti e radicalizzino i loro programmi, combattono la politica interventista dell'imperialismo - principalmente statunitense - respingono la presenza di basi militari yankee ed inglesi, si oppongono al saccheggio delle risorse naturali da parte dei monopoli stranieri, chiedono il riconoscimento dei diritti nazionali dei popoli originari, ecc., tutte azioni represse con la violenza dai diversi governi. Osserviamo che, come parte dell'offensiva anticomunista, è in corso la criminalizzazione della protesta popolare e dei dirigenti politici e sociali per intimidire le masse e frenare la loro lotta: Argentina, Cile, Ecuador e Perù vivono tale processo. In altri casi, le classi dominanti ricorrono all'azione di gruppi ed apparati paramilitari che colpiscono e fanno sparire dirigenti e combattenti popolari, come succede in Colombia, Honduras, Messico, Brasile nel nostro continente, o in Filippine e in Russia ad altre latitudini.

La borghesia, socialdemocratica o neoliberista, criminalizza le lotte popolari sotto la denominazione di azioni terroristiche, destabilizzatrici o di sabotaggio; etichetta come terrorista chi si solleva contro lo status quo; in nome della pace nega il diritto dei popoli alla ribellione, con il pretesto di respingere la violenza, quando in realtà l'esercita in ogni momento contro i popoli.

Le classi dominanti creole e l'imperialismo sono le responsabili della fame, della disoccupazione, dell’arretratezza dei popoli, della dipendenza straniera, perciò sono nostri nemici e bersagli di attacco della rivoluzione. Per affrontarli e sconfiggerli abbiamo bisogno della più ampia unità dei lavoratori e popoli, dei democratici e di coloro che sono di sinistra, dei rivoluzionari e di tutte le forze sociali e politiche interessate alla trasformazione sociale, alla fine della dipendenza. La lotta di liberazione sociale e nazionale che portiamo avanti richiede anche l'unità antimperialista in un grande fronte dei popoli che, soprattutto, si deve manifestare nella lotta contro ogni forma di dominazione straniera e nella difesa dei principi e diritti sovrani dei nostri paesi.

Noi partecipanti in questo XIV Seminario Internazionale ribadiamo la nostra vocazione internazionalista, ci impegniamo a lavorare per la fraternità e la solidarietà dei popoli, a lavorare per portare alla vittoria la rivoluzione nei nostri paesi quale migliore contributo alla rivoluzione mondiale.

Siamo confluiti in questo evento come differenti forze politiche che hanno avuto la possibilità di esporre e dibattere in maniera aperta e franca i propri punti di vista, pratica di grande valore che deve riprodursi nei rispettivi paesi. Abbiamo molti argomenti da dibattere nel futuro, perciò convochiamo il XV Seminario Internazionale Problemi della Rivoluzione in America Latina che sarà effettuato nel 2011 in questo stesso territorio.

Quito, 16 luglio 2010


Partito Comunista Rivoluzionario di Argentina
Partito Rivoluzionario (marxista-leninista) (Repubblica Argentina)
Partito Comunista Rivoluzionario (Brasile)
Partito Comunista di Colombia (marxista-leninista)
Umbrales TV Popolare (Cile)
Partito Comunista Marxista-Leninista dell'Ecuador
Movimento Popolare Democratico (Ecuador)
Gioventù Rivoluzionaria dell'Ecuador
Unione Generale dei Lavoratori dell'Ecuador
Confederazione Ecuadoregna di Donne per il Cambio (Ecuador)
Fronte Popolare (Ecuador)
Fronte Democrático Rivoluzionario Nazionale delle Filippine
Comitato Continentale di Solidarietà con il Popolo Haitiano
Fronte Popolare per la Liberazione di Haiti
Partito Comunista del Messico (marxista-leninista)
Partito Popolare Socialista del Messico
Fronte Popolare Rivoluzionario (Messico)
Partito Marxista Leninista del Perú
Partito Proletario del Perú
Unione delle Donne Solidarias (Perú)
Partito Comunista del Lavoro della Repubblica Dominicana
Movimento Independenza Unità e Cambio (Repubblica Dominicana)
Giustizia Globale (Repubblica Dominicana)
Coordinamento Patriottico (Repubblica Dominicana)
Partito Comunista (Bolscevico) di tutta l'Unione
Movimento Manuelita Sáenz (Sucre - Venezuela)
Movimento Gayones (Venezuela)
Assemblea dei Socialisti (Venezuela)
Organizzazione di Donne Ana Soto (Venezuela)
Movimento di Educazione per l'Emancipazione (Venezuela)
Gioventù del Consiglio Político Operaio (Venezuela)
Centro di Formación e Investigazione Prof. Franklin Giménez (Venezuela)
Partito Comunista Marxista-Leninista del Venezuela

Piattaforma Comunista

Fonte

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