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La fiducia del criminale

(4 Settembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.operaicontro.it

la STAMPA GLAUCO MAGGI NEW YORK Il rating di approvazione dei giovani per Obama presidente è crollato dal 74% del febbraio 2009 a poco più del 50% attuale, e di riflesso la sua impopolarità è schizzata dal 12% a quasi il 30%. La fascia di popolazione tra i 18 e i 29 anni si è disamorata di Obama, e il prossimo 2 novembre, alle elezioni di medio termine per rinnovare tutta la Camera e un terzo del Senato, glielo dirà per via indiretta punendo il suo partito.

In larga parte i più giovani lo faranno disertando i seggi, che è già una pessima notizia per i democratici poiché l’alta affluenza dei ventenni era stata una delle maggiori componenti del loro successo, sia nel 2006 quando riconquistarono il Congresso, sia nel 2008 quando aggiunsero al bottino la Casa Bianca. Il gap tra i votanti giovani (75%) e quelli over 30 (87%) fu di soli 12 punti percentuali nel 2008, mentre la Gallup stima oggi una forbice di 23 punti tra gli over 30 intenzionati a votare (il 42%) e il 19% dei giovani che pensano alle urne.

Ma all’orizzonte c’è uno schiaffo più doloroso del disinteresse che aumenterà l’assenteismo democratico. Sondaggio dopo sondaggio la giovanissima generazione sedotta dal «change» di Barack appare sempre più attratta dai repubblicani. Due anni fa il distacco nella fascia tra i 18 e i 29 anni tra gli obamiani e il Gop, Gran Old Party, era di 32 punti, dal 62% al 30%. Ora la distanza è ridotta a meno della metà, 14 punti tra il 54% pro democratici e il 40% pro repubblicani.

Che cosa sta cambiando l’umore dei ventenni americani? Per usare il motto preferito da Bill Clinton contro Bush il Vecchio quando lo sfidò nel 1992 per la Casa Bianca, «It’s the economy, stupid!» (E’ l’economia, stupido. Il Paese era in recessione dal 1991, e la prima guerra del Golfo appena vinta da Bush non gli servì a nulla. La gente pensava e pensa al portafoglio, e al reddito per rifornirlo. I giovanotti saranno per natura più idealisti e più liberal, sensibili agli slogan della pace e dell’uguaglianza sociale. Ma sono anche quelli che, nell’America di Obama, sono toccati più da vicino: i posti di lavoro spariscono, e le prospettive di una soddisfacente sistemazione sociale si allontanano.

Quest’anno, secondo dati del ministero del lavoro di fine agosto, la percentuale di giovanissimi tra i 16 e i 24 anni che hanno lavorato in luglio è stata del 48,9%, la più bassa dal 1948 (luglio è, tipicamente, il mese con la più alta occupazione tra i ragazzi perché ci sono anche gli studenti con impieghi stagionali). In assoluto, la disoccupazione tra i giovani è aumentata di 571 mila unità da aprile a luglio, con un tasso del 20,5% di senza lavoro tra i giovani maschi e del 17,5% tra le giovani donne.

Non è questione di «posto fisso per la vita»: gli americani subiscono la precarietà, per dirla all’europea, come regola del gioco capitalistico. Ma se la distruzione non è creativa, se l’impresa che chiude non è sostituita da una che assume, non ci siamo.
E’ tempo di un altro «change», e a pagare è il partito del presidente. Philip Stricker, 21 anni, studente di biologia all’Università di Ford Collins, in Colorado, che votò per Obama l’altra volta, ha espresso in un’inchiesta del New York Times ciò che prova ora: «C’è una certa atmosfera in giro, oggi sembra che i repubblicani si preoccupino molto di più dei democratici». E Mandi Asay, 22 anni, portavoce dei democratici nel campus, ha ammesso: «La gente è arrabbiata per il deficit del budget federale e la riforma sanitaria. Sento che stavolta i repubblicani hanno veramente una chance di rimettersi in sesto».

Definendo la propria propensione politica nei sondaggi nazionali, i giovani che si dichiarano democratici sono scesi dal 62% del luglio 2008 al 57% di inizio 2010, ed è assai probabile che il trend si sia ora accentuato, a beneficio del Gop.

www.operaicontro.it

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