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GRILLO, RENZI E IL FASCISMO

(26 Ottobre 2013)

Matteo Renzi e Beppe Grillo, nelle loro forme di azione politica si muovono, sostanzialmente, nel solco delle principali caratteristiche già adottate dal fascismo.

Soffermarsi sull’analisi delle caratteristiche di fondo presentate dal fascismo nel corso della sua parabola compiuta all’interno della storia d’Italia non risulta essere mero esercizio di comparazione storica, ma significa soprattutto ritrovare elementi di assoluta attualità nei comportamenti e nelle scelte politiche dell’oggi: un lavoro che consente di rintracciare spunti davvero fecondi per comprendere la fase in cui viviamo.


Se ne era già accennato ma è possibile confermare una valutazione sufficientemente precisa, al riguardo della presenza fin qui realizzata da due personaggi che, al momento, sembrano andare per la maggiore all’interno del disastrato sistema politico italiano: Matteo Renzi e Beppe Grillo, nelle loro forme di azione politica si muovono, sostanzialmente, nel solco delle principali caratteristiche già adottate dal fascismo.


Questi i motivi principali per i quali può essere formulato un giudizio così netto che, pure, molti giudicheranno come assolutamente azzardato:


1) Prima di tutto entrambe le figure in questione sono figlie di un processo del tutto esagerato di personalizzazione della politica, adottato in Italia con forme peculiari inseguendo il modello portato avanti da Silvio Berlusconi, creatore di una “forma – partito” assolutamente inedita anche nel panorama internazionale, quella del “partito – azienda” retto – ovviamente – da un solo “dominus”, il padrone. Una personalizzazione della politica estesasi a tutti i livelli centrali e periferici, alimentata a sinistra dal micidiale meccanismo delle cosiddette “primarie” vissute esclusivamente attraverso il meccanismo dell’individualismo competitivo;


2) Il meccanismo della personalizzazione della politica si è intrecciata nella vera e propria “desertificazione” del sistema politico (fenomeno verificatosi non solo a sinistra, attenzione!) attuatosi in coincidenza con la trasformazione del PCI. Grillo e Renzi (qualcuno, in verità, ci aveva già provato prima di loro compreso lo stesso Vendola) sono il prodotto di questa situazione che ha ridotto i partiti e segnatamente il PD a vivere esclusivamente della “volontà di potenza”: lo scrive Matteo Pucciarelli, utilizzando anche una citazione di Barbara Spinelli, in un suo articolo “Post – comunisti allo sbaraglio” apparso sul numero 7/2013 di Micromega. L’articolo contiene anche un’altra citazione particolarmente lunga dal “Sarto di Ulm” testamento politico di Lucio Magri che spiega con particolare capacità d’analisi i meccanismi di fondo che hanno presieduto alla trasformazione del PCI, avvenuta esclusivamente in funzione del concetto di esaurimento dell’azione politica all’interno della governabilità. Personalizzazione e volontà di potenza, quindi, il mix utilizzato da Grillo e Renzi all’interno del quadro appena descritto: un intreccio che ha finito con il produrre per entrambi un ruolo da veri e propri “furherprinzip” , esprimendo entrambi anche una filosofia del tipo “ o con me o contro di me”;


3) Il terzo elemento che accomuna i due protagonisti è quello del richiamo alla piccola borghesia sollecitandone le pulsioni più immediate: rottamazione e VDay hanno sicuramente il tratto in comune di quella che, semplificando al massimo, si può ancora definire come “antipolitica”. Piccola borghesia dagli appetiti magari malsani che, in una società complessa come l’attuale,

Franco Astengo

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