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Ricordando Stefano Chiarini

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(6 Febbraio 2007) Enzo Apicella
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PER RICOSTRUIRE LA SINISTRA TORNANDO AI FONDAMENTALI: LA DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI CLASSE

(22 Giugno 2014)

PER RICOSTRUIRE LA SINISTRA TORNANDO AI FONDAMENTALI: LA DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI CLASSE IN MARX E WEBER E LA CONSEGUENTE NECESSITA’ DI UNA RAPPRESENTANZA DELLA SOGGETTIVITA’ POLITICA
Capita spesso, nell’ansia di molti che provano a ricostruire la sinistra attraverso un recupero di soggettività e d’identità politica di usare una terminologia ormai considerata desueta da coloro che pure in passato si erano peritati di usarla a piene mani e del tutto estranea alle giovani generazioni all’interno delle quali l’esercizio della cultura politica si è verificato in forme affatto diverse da quelle di un passato anche recente.
Ad esempio il concetto di “lotta di classe” si adopera, molto spesso, allo scopo di indicare proprio un’identità possibile e una proposta di radicamento nella realtà sociale di una proposta di nuova soggettività politica.
Quale può essere, però, in tempi di globalizzazione e di formidabile innovazione tecnologica l’espressione teorica più coerente proprio del concetto di “lotta di classe” è probabilmente ignota ai più.
Si è così pensato di ripercorrere su questo terreno il cammino dei “classici”: non tanto per rinnovare un’idea di attualità di questi concetti (che pure non apparirebbe forzata) ma per proporre un effettivo termine di paragone con ciò che oggi accade e consentire, partendo appunto dai fondamentali, un’indispensabile rielaborazione teorica da parte di chi intende promuovere una sinistra del futuro.
Per “classe” s’intende, prima di tutto, un raggruppamento umano omogeneo dal punto di vista sociale e degli interessi, la cui differenziazione non è dovuta a fattori naturali ma a elementi sociali.
L’uso del significato di “classe sociale” è senza dubbio precedente a quello di Marx.
Si trova, infatti, il termine “classe” nell’anatomia della società civile rappresentata dalla scuola storica scozzese (Ferguson, Millar), in Adamo Smith e nella “Fenomenologia dello Spirito” di Hegel.
Ma è Karl Marx che introduce il concetto di “classe” come quello determinante ai fini di stabilire come siano esclusivamente i rapporti sociali di produzione quelli che costituiscono la base di ogni formazione sociale.
La “classe” è per Marx definita dalla divisione del lavoro e dalla proprietà dei mezzi di produzione: è questo il primo punto da tenere ancora a mente adesso quando si cerca di elaborare una teoria della complessità delle contraddizioni sociali, sulla base della quale tentare di estendere surrettiziamente una dimensione politica che, invece, può essere realizzata soltanto attraverso espressione di alleanza tra soggettività “diverse”.
Nei rapporti sociali di produzione capitalistici, la tendenza è a una polarizzazione delle due grandi classi: la borghesia proprietaria dei mezzi di produzione e la classe operaia, proprietaria soltanto della propria forza lavoro, della capacità di valorizzare, nel processo di produzione, il capitale impiegato e scambiato con il salario.
E’ evidente come i processi di opacizzazione di questo rapporto diretto tra borghesia e classe operaia verificatisi nel tempo attraverso un processo di mutamento nel rapporto tra struttura e sovrastruttura (pensiamo al ruolo dei mezzi di comunicazione di massa nella capacità di modificazione dell’immaginario collettivo) abbiano portato a una sorta di “smarrimento” di questo fondamentale concetto provocando quello che Gramsci ha definito “rivoluzione passiva”.
Per fronteggiare questa situazione non c’è altra strada, ancora adesso, che quella di un recupero di “organicità” degli intellettuali alla “classe” e di espressione di un’autonomia del politico in grado di costruire una élite (intesa nel senso collettivo del partito politico) capace di spostare il conflitto proprio sul terreno politico contendendo l’egemonia dell’avversario nel campo aperto della sovrastruttura.
L’indispensabile ritorno alla rappresentazione di un modello dicotomico indica la necessità di comportare una dimensione politica, oltre che quella economica e sociale rappresentando il conflitto quale tendenziale antagonismo tra le classi.
Per affrontare il confronto politico non è insomma sufficiente la mera esistenza e la successiva rappresentanza degli interessi di quella che Marx chiama “classe in sé”: occorre una chiara consapevolezza di sé e di tali interessi e della loro portata generale.
E’ proprio questo, della portata generale degli interessi della “classe”, il punto che contesta oggettivamente Max Weber nel momento in cui sul piano teorico ne sposta la collocazione dalla proprietà dei rapporti di produzione al mercato, e indicando lo sviluppo di una particolare nozione di “classe” legata all’obiettivo del possesso del monopolio delle funzioni politiche e dell’esercizio del potere.
Si verifica così, secondo Weber, il fenomeno (del tutto attuale) della formazione di una “classe politica” posta al di fuori dell’espressione dicotomica individuata da Marx, che presiede ai diversi livelli di governo e delle rappresentanze parlamentari, sia di maggioranza, sia di minoranza (quella “classe politica” che si esprime attraverso il “partito di cartello” analizzato da Katz e Mair nel 1995).
Appare fin troppo evidente come, pur nell’espressione di queste brevissime note, come la ricostruzione di una sinistra (compresa quella socialdemocratica di Bernstein e della seconda internazionale) non possa passare che da una ripresa piena del concetto marxiano di “classe” al quale collegare gli elementi fondamentali dell’analisi gramsciana del rapporto tra struttura e sovrastruttura ribaltando così, attraverso l’espressione politica della conflittualità sociale, i termini della “rivoluzione passiva” che stiamo subendo.
L’organicità degli intellettuali e l’esercizio dell’autonomia del politico debbono essere indirizzati in questo senso: ma ciò non potrà essere possibile senza la ripresa piena dell’esercizio dell’azione politica in forma collettiva, attraverso la funzione “storica” del partito politico.
Sono stati toccati “tasti dolenti” in una situazione della sinistra italiana appare così difficile riportare il dibattitto a questi elementi: purtuttavia abbiamo il dovere di provarci.
(nota: per elaborare questo testo è stato consultato : “Vittorio Dini: “Classe”.) In Enciclopedia del pensiero politico di Esposito e Galli. Laterza seconda edizione 2005).

Franco Astengo

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