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L’organizzazione capitalista è repressione e morti di profitto

È la dittatura del padrone a far sì che la democrazia formale si fermi ai cancelli della fabbrica o dell’azienda capitalistica

(11 Settembre 2021)

Pubblicato sulla rivista comunista di politica e cultura “nuova unità” n. 5, settembre 2021

morti per il profitto

L’impresa capitalista finalizzata al profitto è un’organizzazione gerarchica, come un esercito. Al vertice il padrone o l’amministratore delegato, cui seguono i dirigenti, i capi e capetti delle singole unità organizzative e la vigilanza privata del padrone, gli operai in produzione, gli addetti ai magazzini e alle vendite.
I padroni in ogni azienda stabiliscono le loro leggi e regole, punendo con multe, sospensioni o licenziamenti chi non rispetta il comando di fabbrica o non si attiene al suo codice di fabbrica, come monito per disciplinare la massa degli operai.
Questa pratica punitiva negli ultimi anni si è accentuata, in particolare nel settore della logistica. Oggi più che in passato il lavoratore è sottoposto alla vecchia logica del bastone (punizione) e della carota (premio), che tutti i lavoratori conoscono e sperimentano in forme diverse in ogni luogo di lavoro.
Dietro la facciata democratica formale della società c’è la dittatura del capitale. È la dittatura del padrone a determinare che la democrazia formale si fermi ai cancelli della fabbrica o dell’azienda capitalistica.
Le classi sociali si scontrano giornalmente nei luoghi di lavoro e nella società, sia in modo palese sia latente nel conflitto sociale e di classe fra capitale e lavoro salariato.
Il potere incontrastato del padrone è difeso e legittimato da governi, politici e sindacati confederali e filo padronali che riconoscono e difendono la proprietà privata dei mezzi di produzione e il profitto come diritti primari cui tutti gli altri devono essere subordinati.
La lotta economica sindacale, anche la più radicale, per quanto necessaria, può solo contrastare il padrone limitandosi a “contrattare” lo sfruttamento e recuperare in parte il potere d’acquisto dei salari. Pensare quindi di ottenere con la lotta sindacale la liberazione dallo sfruttamento sulla base del sistema capitalista è come pensare di ottenere l’abolizione della schiavitù senza abolire il sistema schiavistico.
L’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la libertà dallo sfruttamento capitalista può essere conquistata solo dopo aver distrutto dalle fondamenta la società capitalista, con il potere operaio, nel socialismo, quando la proprietà comune dei mezzi di produzione e il controllo strategico del processo di produzione sarà nelle mani dei lavoratori, secondo un piano stabilito nell’interesse della collettività.
Nel capitalismo le belle parole e i principi della democrazia borghese sanciti dalla Costituzione nata dalla Resistenza al nazifascismo si fermano ai cancelli della fabbrica e non valgono per le classi sottomesse se esse non in grado di farli rispettare con la lotta.
Il superamento dello sfruttamento capitalistico implica la completa distruzione dei rapporti di comando della fabbrica da struttura autocratica (dispotica) qual è ora, a struttura democratica (non dispotica), quale potrebbe e dovrebbe essere nel futuro, nel socialismo dove la “democrazia operaia” garantisce il lavoratore e punisce lo sfruttamento considerandolo un crimine contro l’umanità.

Potere e scienza

In una società divisa in classi la scienza e la medicina, come tutte le istituzioni, non sono neutrali: anche la scienza è sempre al servizio del capitale. Il potere costituito dal capitale, così come ha bisogno delle forze repressive legali dello stato (carabinieri, polizia, esercito, ecc) o illegali (fascisti ad apparati segreti), ha bisogno di istituzioni, magistratura, carceri e di una scienza asservita al potere per legittimare il suo dominio e sottomettere il proletariato e le classi sottomesse.
La scienza del capitale non si basa sull’analisi dell’esperienza delle masse sfruttate, non è al servizio dell’uomo ma dei governi e ancor più delle multinazionali che pagano le ricerche per trarne profitto.
Come abbiamo visto durante questa pandemia di covid19 i governi, i padroni e ciarlatani chiamati “scienziati di Stato” hanno detto tutto e il contrario di tutto per costringere la popolazione a vaccinarsi e fare accettare alla maggioranza della popolazione misure anticostituzionali e lesive dei diritti sociali e politici che altrimenti mai sarebbero passate.
Il governo e la Confindustria, la guerra la fanno alla classe operaia e proletaria più che al virus, trattando come nemici chiunque ostacola l’accumulazione del profitto o la mette in discussione. L’introduzione del green pass è solo l’ultimo episodio di discriminazione contro i lavoratori e i “ribelli” che non accettano le regole stabilite dal potere.
Con l’introduzione del passaporto verde lo stato limita e impedisce la mobilità sociale di una parte dei cittadini, l’accesso alle mense ai lavoratori non vaccinati (che però possono continuare a lavorare gomito a gomito con i vaccinati), alle assemblee e ai luoghi di ritrovo, a salire sui treni e autobus a lunga percorrenza introducendo una forma di apartheid tipico del razzismo contro i neri in USA o in Sudafrica quando la minoranza capitalista bianca, per conservare il potere, proibì ai neri l'acquisto delle proprietà terriere e vietò loro di usare gli stessi mezzi pubblici e di frequentare gli stessi locali e scuole.
Razzismo, xenofobia, discriminazione e disuguaglianza sono in aumento in tutto il pianeta. Negli ultimi mesi, sia nei paesi imperialisti ma ancor più nel Sud del mondo, le masse proletarie, le persone di colore, i prigionieri politici o comuni, i senzatetto, i migranti e rifugiati che hanno sofferto, come molti altri, della Covid 19 hanno subito un peggioramento delle loro già precarie condizioni di vita.
È singolare vedere come molti “rivoluzionari” che fino a ieri sostenevano "Lo Stato borghese si abbatte non si cambia”, oggi siano strenui difensori del governo “borghese” e della scienza “borghese”, unendosi alla caccia “all’untore” non vaccinato, come se i vaccinati non corressero essi stessi il pericolo di contrarre e di infettare gli altri (in poche parole vedi l’esempio di Israele, celebrato come il paese dove tutti erano vaccinati e che oggi si ritrova ad avere un altissimo numero di infettati).
Noi, sulla base della nostra esperienza di decenni di lotta per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio riteniamo - come d’altronde scriveva il dott. Giulio Maccacaro (fondatore della rivista “Sapere” e di Medicina Democratica) - “che medico o padrone non fa differenza se la scienza del medico è quella del padrone”.
E ancora che la “scienza” e la medicina asservita ai governi e alle multinazionali non tengono conto “soprattutto come la vivono, oggettivamente e soggettivamente, quelli che, “esterni”, dal settore vengono lavorati. Far parlare chi di scienza muore e chi, sapendolo o no, di scienza fa morire. Riscoprire il primato politico della lotta dei primi che sola si può porre come momento unificante per la liberazione dei secondi». «Fare scienza» significa sempre lavorare «per» o «contro» l’uomo: sulla base di quest’impostazione critica «Sapere» si occupa di crisi energetica ed ecologia, del cancro da lavoro, della diossina a Seveso e delle varie nocività industriali, di demografia, di informatica e organizzazione del lavoro, di alimenti industriali, genetica, psichiatria, psicologia e studio dell’intelligenza, del rapporto fra medicina, economia e potere”.
Argomentazioni simili erano sostenute e scritte anche nel “Libro Bianco” del Consiglio di Fabbrica della Breda Fucine pubblicato nel luglio 1971 come Quaderno n° 1 de “Il Lavoratore Metallurgico” (organo della FIOM).
Oggi come ieri servirebbe una scienza capace di sviluppare metodologie d’intervento in fabbrica, nei cantieri, nelle logistiche, nelle campagne e in tutti luoghi di lavoro, compreso lo smart working sui temi della salute, della sicurezza e dell'ambiente, già sperimentate negli anni 70’, nei campi della prevenzione dei rischi e delle nocività, della bonifica dei cicli produttivi e dell'ambiente inquinato all'interno come all'esterno dei luoghi di lavoro.
L’unità dei lavoratori sui loro interessi di classe, la partecipazione diretta di lavoratrici e di lavoratori di tutti i settori alle indagini in fabbrica, nei luoghi di lavoro e della popolazione auto-organizzata nel territorio; possono valorizzare la soggettività operaia sia sul piano culturale sia sindacale e tecnico-scientifico.
La lotta della classe operaia più cosciente contro le discriminazioni, la monetizzazione dei rischi e della nocività nei luoghi di lavoro e nel territorio; il rifiuto della delega da parte dei lavoratori organizzati sulla propria salute ai tecnici; la critica alla scienza del padrone, la non accettazione della cosiddetta neutralità della scienza e della tecnica e dell’oggettività dei cicli produttivi che da esse derivano, sono esempi di protagonismo operaio.
Noi operai, lavoratori coscienti, non abbiamo nessuna fiducia nello Stato, nella scienza e medicina del padrone.
Abbiamo sempre dovuto lottare in prima persona senza delegare ad altri la difesa dei nostri interessi e diritti, scontrandoci con le associazioni dei padroni, i loro governi, istituzioni, e sindacati confederali raggiungendo con le lotte anche parziali vittorie contro i padroni e l’INAL e risultati importanti, per i lavoratori e per le vittime dell’amianto e altre malattie professionali.
La nostra lotta non si è fermata alla fabbrica, l’abbiamo portata anche nei palazzi del potere, davanti al governo, al parlamento, in confronti/scontri con i medici e persino nelle aule di tribunale, pur sapendo che la legge del padrone è contro gli operai e i proletari, dimostrando ai nostri compagni che credevano nell’imparzialità delle istituzioni che in una società divisa in classi non esiste neutralità, né della legge, né della scienza né della medicina. Avendo provato per decenni sulla nostra pelle la medicina del padrone, abbiamo lottato per far mettere al bando l’amianto anche quando era legale e, il governo e tutti i suoi esperti, medici, scienziati, Ministero della Salute e quant’altro affermavano sulla base della “scienza” che non era cancerogeno (perché pagati anche dalle lobby dell’amianto), fino a farlo mettere fuorilegge con la legge 257 del 1992 grazie alle lotte dei lavoratori dell’Eternit, della Breda, dell’Ilva di Taranto, i Cantieri Navali, i portuali, i cittadini di Casale Monferrato e molti altri.
Alcuni di questi “esperti” li troviamo ancora oggi nei processi contro i morti per amianto a difendere i padroni e i manager della Breda/Ansaldo, Pirelli, Alfa Romeo, Teatro alla Scala, a sostenere “scientificamente” che i lavoratori uccisi dall’amianto dopo 30/40 anni di servizio in azienda hanno contratto la malattia dalla tettoia di eternit nell’orto o durante il periodo di servizio militare obbligatorio quando erano ventenni.

Di lavoro si continua a morire oggi come ieri

Secondo i dati dell’OSSERVATORIO NAZIONALE MORTI SUL LAVORO, dall’inizio del 2021 a settembre ci sono state quasi 1000 morti per infortuni sul lavoro, fra quelli morti sui luoghi di lavoro e quelli sulle strade e in itinere. A questi occorre aggiungere i lavoratori morti per covid 19 considerati a tutti gli effetti morti per infortunio sul lavoro. Da questa casistica rimangono fuori le vittime del lavoro nero, quei lavoratori invisibili nei cantieri, nelle campagne, nell’edilizia ecc. Questo non succede perché non è interesse della società del profitto.
Oggi la situazione si è ancor più aggravata con lo sblocco dei licenziamenti e le modifiche al Codice degli appalti e ai titoli abilitativi in edilizia, dove Il governo “dell’unità nazionale” con Presidente del Consiglio il banchiere Draghi si sta dimostrando il miglior comitato d’affari di capitalisti, faccendieri e mafiosi.
Il governo dei ricchi, dei padroni, degli affaristi, liberalizzando gli appalti e subappalti - com’è previsto nel PRNN e in nome della modernizzazione - peggiora ancor più le condizioni di vita e di lavoro degli operai e lavoratori aumentando la condizione di schiavitù, i morti sul lavoro, i disastri ambientali.

L'indagine operaia e l'organizzazione capitalistica del lavoro

Se negli anni passati la salute del lavoratore poteva essere in parte tutelata attraverso l'adozione di strumenti protettivi (aspiratori, maschere, tute ecc.) capaci di preservarlo dalle nocività così come s'intende normalmente (calore, rumore, polveri ecc.), oggi nella società moderna alle vecchie malattie si sommano le nuove; in particolare con la pandemia di covid si vede ancora meglio come tutta l'organizzazione del lavoro nella fabbrica è essa stessa nocività.
Il cottimo palese o mascherato - come premio di risultato, ritmi, orario di lavoro, organici, qualifiche, dislocazione e tipo del macchinario - fanno parte, con il rumore, il calore, le polveri, di quel tutto unico che significa sfruttamento del lavoratore.

Medicina preventiva, rapporto medico-lavoratore

Sempre più alle vecchie malattie e nocività che colpiscono la classe operaia e i lavoratori si aggiungono le nuove pandemie dovute a un sistema capitalista/imperialista che distrugge gli esseri umani e la natura.
Sulla base della nostra esperienza, riteniamo necessario un nuovo rapporto fra medico e lavoratore, un confronto dialettico di reciproco arricchimento di cognizioni, un rapporto che li deve vedere entrambi necessari protagonisti di una medicina a favore di chi lavora e non del padrone o delle multinazionali dei farmaci, che non hanno nessun interesse a investire in ricerche per guarire i malati ma solo quello di rendere croniche le malattie per vendere più farmaci.

Michele Michelino

Fonte

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