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No ai tagli su pensioni, sanità e servizi pubblici

No al ritorno della concertazione

(22 Settembre 2006)

Continua il confronto sulla finanziaria, ma i segnali di fondo non sono positivi per le lavoratrici, i lavoratori, per i pensionati. Dopo che nel Dpef il governo aveva annunciato tagli sulla spesa pensionistica, per la sanità, per i servizi pubblici, per il pubblico impiego, il confronto sulla finanziaria cerca di limitare i danni, ma non sempre ci riesce e, in ogni caso, questo non basta.

Il governo pensa a una manovra i 30 miliardi di euro, oltre 5 o 6 dei quali servono a ridurre il costo del lavoro alle imprese. Quasi 18 miliardi dovrebbero essere i tagli. Si parla ancora di pesanti tagli alla sanità e di un aumento di fatto dell’età pensionabile, attraverso la soppressione di una o più “finestre” di uscita per il 2007. Inoltre non ci sono soldi sufficienti per i contratti pubblici, mentre si parla ancora di “moderazione salariale” per i contratti dei privati. Anche piccoli risultati fiscali sulla busta paga dei lavoratori o sulle pensioni più basse, rischiano di essere pagati due volte con l’aumento della spesa per tutti i servizi sociali.

Nell’Italia dell’evasione fiscale e della ricchezza sfacciata, tagliare tanti miliardi nella spesa pubblica in un solo anno significa riproporre le vecchie scelte della politica dei due tempi: prima si fanno fare i sacrifici e poi si promettono miglioramenti che non arriveranno mai. Inoltre resta il “buco nero” della politica del governo: un vero impegno contro la precarietà del lavoro, che continua a dilagare.

Cgil, Cisl, Uil, sinora hanno espresso critiche a questo o a quel punto della finanziaria, hanno cercato di limitare i danni, ma non hanno agito a sufficienza per far cambiare davvero le cose.

Bisogna farsi sentire di più, bisogna costruire un movimento di lotta che costringa il governo a fare una finanziaria e una politica economica e sociale giusta. Bisogna respingere il nuovo attacco della Confindustria sul salario e sui diritti delle lavoratrici, dei lavoratori e dei pensionati.

Oggi il governo e la Confindustria chiedono il ritorno alla concertazione e il rilancio della politica dei redditi prevista dall’accordo del luglio ‘93: è una scelta da respingere. L’accordo del luglio ‘93 non ha garantito i salari e non può essere nè aggiornato nè ripristinato. Non possiamo accettare che dopo anni di caduta del potere d’acquisto, si torni alla politica della concertazione e dei tassi d’inflazione programmata come riferimento per i contratti.

Occorre costruire una stagione di rinnovi contrattuali che aumenti il potere d’acquisto, bisogna ridistribuire la ricchezza con il fisco, deve pagare chi non ha mai pagato, bisogna dire basta alla precarietà. Per tutte queste ragioni chiediamo a Cgil, Cisl, Uil:

1. Di dire di no a qualsiasi politica di taglio sulla spesa sociale e pensionistica e di sostenere questa posizione con la lotta.

2. Di rivendicare cambiamenti profondi nel sistema pensionistico, a partire dall’abolizione dello scalone, dal superamento delle ingiustizie del sistema contributivo, dall’abbassamento dell’età pensionabile per tutte e tutti coloro che fanno lavori usuranti.

3. Di rivendicare un radicale cambiamento nella politica del lavoro, contro la precarietà e per la sicurezza, partendo dalla cancellazione della Legge 30.

4. Di rivendicare verso tutte le controparti, pubbliche e private, contratti che aumentino davvero il potere d’acquisto dei salari.

5. Di consultare finalmente le lavoratrici e i lavoratori, i pensionati, facendoli decidere con il voto, su tutte le scelte sindacali.

6. Di mantenere una rigorosa indipendenza dal governo e dagli schieramenti politici.

BASTA CON LA POLITICA DEI SACRIFICI!
SALARIO, DIRITTI E GIUSTIZIA PER IL MONDO DEL LAVORO


Roma, 21 settembre 2006

Rete28Aprile nella Cgil
www.rete28aprile.it

Fonte

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Commenti (1)

Tagli e sacrifici non può essere il vangelo dei politici.

L'unico commento che si può fare è esclusivamente e "forzatamente" positivo. Dico forzatamente perchè il condannato a morte davanti al suo boia non può esprimere obiettivamente e liberamente alcun commento. Noi lavoratori dipendenti, non più classi deboli, ma poveri della nuova repubblica, tartassati da tagli, tasse e sacrifici che non finiscono mai, impediti anche di andare in pensione dopo 35 di "sangue versato" siamo ormai vittime predestinate. Si dice che l'età media si è alzata ma ci si mette allo stesso tempo il prosciutto davanti agli occhi per non vedere chi non ha la fortuna di stare in questa media, perchè c'è tanta gente che a 57 anni ha un sacco di problemi di salute e non potrà andare in pensione dopo 35 anni di sacrifici.
Questa è macelleria sociale.
Saluti da uno dei tanti lavoratori dipendenti che senza l'abolizione dello scalone non potrà andare in pensione dopo 35 anni di lavoro, che con mille euro al mese non riesce a sfamare la propria famiglia di 4 persone, che ha votato la sinistra per riaccendere una speranza che probabilmente sarà spenta con una coltellata alle spalle.

(23 Settembre 2006)

Fausto Sgroi

fausto.sgroi@tiscali.it

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