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Due appunti e un commento.

(1 Ottobre 2009)

Primo appunto: il dato incontrovertibile è che alla INNSE al padrone Genta è stato impedito di chiudere la fabbrica solo grazie alla lotta degli operai. Ciò purtroppo non è accaduto alla ESAB.
Secondo appunto: solo chi sa unicamente applicare etichette senza magari neanche conoscerne il significato può affermare che tra la lotta dell’INNSE e quella della ESAB non c’è niente in comune. Trattasi invece in entrambi i casi di una lotta contro i licenziamenti, cosa che attualmente accomuna la condizione di migliaia di operai. Ma è proprio la totale estraneità verso la concreta condizione degli operai la caratteristica di tutti gli ideologisti.
Il commento: Questi più che Rotta comunista hanno rotta la testa. Il cervello fuso. Cosa vogliono dire? Che è sbagliato difendere il posto di lavoro? Come tutti i parolai, conoscono o l’uno o il novanta. O non si fa niente, o la rivoluzione. Dalla loro cattedra tranciano giudizi semi comprensibili, ma in quel poco che si comprende, sbagliati. Indipendentemente da tutte le altre considerazioni, la lotta dell’INNSE è stata anche una battaglia di principio. Cinquanta operai in mobilità potevano essere ricollocati da un’altra parte facilmente. Invece hanno deciso di battersi. In un’epoca in cui gli operai conoscono solo la pratica della svendita e del piangersi addosso, all’INNSE, forse per la prima volta da decenni, hanno deciso di non accontentarsi. Hanno così sperimentato autorganizzazione, determinazione nella lotta, forza vincente. Le centinaia di poliziotti mobilitati potevano certo schiacciarli, ma il prezzo sarebbe stato altissimo in termini di pubblicità negativa fra tutti gli operai. Gli operai dell’INNSE sono entrati nella contraddizione e hanno aperto una strada. I rotti comunisti quale strada propongono?

Franco

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