">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Attacco a Gaza

(28 Dicembre 2008)

Per la sua campagna elettorale Israele sceglie la via della guerra. Guerra senza regole a colpi di blitz e azioni criminali alla maniera del sud del Libano o dei tempi di Sabra e Chatila. Serve a poco dichiarare, come hanno fatto i media di Gerusalemme, che degli oltre duecento palestinesi morti (finora 271) centocinquanta sono poliziotti di Hamas, fra loro anche il capo Tawfik Jaber. Nei bombardamenti di ieri su Gaza city hanno perso la vita anche civili e come sempre bambini, e degli oltre trecento feriti più di cento versano in condizioni disperate e non potranno avere cure adeguate proprio per la carenza sanitaria provocata dall’embargo israeliano. L’ingresso nella Striscia di 80 camion di aiuti umanitari che l’esercito Tsahal aveva consentito giovedì scorso suona come l’inganno che preparava l’agguato di sabato mattina. Il piano annunciato da giorni dalla leader di Kadima e attuale ministro degli esteri Livni d’impedire ad Hamas di governare il territorio di Gaza passa dunque alla fase di aperto scontro militare. E trova concorde l’intero schieramento politico israeliano, dal Likud ai laburisti. Il capo di quest’ultimi e ministro della difesa Barak ha lanciato nella giornata di ieri dichiarazioni da ministro della guerra sottolineando come l’attacco aereo è solo il primo atto cui potranno seguire azioni terrestri.

Perciò rovesciare il governo legittimo di Hamas – ottenuto attraverso le libere elezioni del 2005 – è l’attuale carta che Israele intende giocare visto il fallimento di tutti i precedenti tentativi. Lo stesso embargo, che continua a rendere durissima la vita per il milione a mezzo di palestinesi della Striscia, viene parzialmente alleviato dai famosi tunnel sotterrai che fanno giungere merce dall’Egitto. Né erano serviti dopo gli accordi di Annapolis e per tutto l’anno in corso sia il tentativo di creare di fatto due micro stati Palestinesi: la Cisgiordania, sottoposta al controllo dell’Anp e favorita nel ricevere finanziamenti da Stati Uniti e Unione Europea, e Gaza diventava il luogo infernale del quale punire gli abitanti per l’assenso offerto al partito islamico. Naufragato anche il tentativo di scatenare una sorta di guerra civile fra le fazioni di Fatah e Hamas che pure nell’estate aveva prodotto reciproci agguati, ammazzamenti, arresti. L’Abu Mazen, morbido sottoscrittore dei piani di Washington, terminerà a giorni il mandato presidenziale e pure, anzi soprattutto, in una situazione di crisi o aperto conflitto non avrà modo di esercitare alcun peso.

La strada intrapresa dal governo di Gerusalemme - che anche intellettuali “illuminati” di quel Paese giustificano per il diritto di difesa della propria gente, dimenticando come il Tsahal questo diritto lo calpesti ogni giorno con uno stillicidio di violenze e vittime - potrà servire a riunificate le forze politiche interne ma produrrà solo un incremento della spirale di morte. Facendo aumentare i lanci dei Qassam verso le città israeliane del confine, riproporrà le tragiche azioni dei kamikaze riportando indietro di cinque anni il confronto-scontro fra i due popoli. Ma una terza Intifada, che può prendere corpo nei giorni a venire, riavvicinerebbe idealmente uomini e donne di Cisgiordania e Gaza. Costoro guarderebbero non solo all’agognato Stato Palestinese ma a chi realisticamente difende l’incolumità di ciascun abitante e la possibilità di avere un futuro. Su questo dovranno misurarsi Hamas e Fatah, perché il proprio martoriato popolo vuole avere diritto all’esistenza, negata nonostante i tanti accordi di pace firmati anche dai padri della nazione, che risulta a tutt’oggi a sovranità più che limitata, perseguitata.

28 dicembre 2008

Enrico Campofreda

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Siamo tutti palestinesi»

Ultime notizie dell'autore «Enrico Campofreda»

4860