">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > In edicola    (Visualizza la Mappa del sito )

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB

Archivio notizie:: Altre notizie

Cosa sta succedendo in Kosovo? Un film rompe il generale silenzio

Michel Collon e Vanessa Stojilkovic parlano del loro nuovo film “I dannati del Kosovo”

(14 Marzo 2003)

Intervista di Antoine Renard

Cacciata dal suo appartamento di Pristina, Maria si è salvata solo perché parlava albanese. Suo nipote, interprete dell’ONU è stato ferocemente assassinato. Il marito di Silvana è stato rapito e la donna non ne sa più nulla da due anni. La casa di Stanimir è stata bruciata. Cos’hanno in comune tutte queste persone? Che sono Serbi e vivono, o meglio sopravvivono, in Kosovo.

Perché i mezzi d’informazione non parlano più di questa regione occupata dalla NATO? Il nuovo film di Michel Collon e Vanessa Stojilkovic rompe il generale silenzio. E mette in guardia tutti i popoli minacciati dalle guerre frutto della globalizzazione.

come è stato realizzato questo film?

M. Collon: ho girato questo reportage in Kosovo per rendermi conto della situazione attuale dei Serbi e delle altre minoranze nazionali. Perché mi ricordavo bene di una frase di Clinton, pronunciata nel momento in cui dava inizio ai bombardamenti sulla Jugoslavia: “La nostra fermezza rappresenta la sola speranza per la popolazione del Kosovo di poter continuare a vivere nel proprio paese. Provate ad immaginare cosa accadrebbe se chiudessimo gli occhi e questi poveretti fossero massacrati, proprio davanti alla porta della NATO. L’organizzazione ne uscirebbe totalmente di-screditata”.
Clinton parlava degli Albanesi. Ma oggi, cos’è successo dei Serbi e delle altre minoranze nazionali, Rom, Goranci, Turchi, Egiziani, Musulmani, …. che vivevano in Kosovo da secoli? Vivono sicuri con 45mila soldati della NATO nel loro Paese?

e cos’ha visto?

M. Collon: un cumulo di sofferenze di cui in Francia e in Occidente non si ha idea ….

i mezzi d’informazione non ci parlano più del Kosovo. La situazione non è sotto controllo?

M. Collon: al contrario! Ecco cosa ho visto: attentati dinamitardi, omicidi, distruzioni di case o espulsioni, rapimenti e angoscia delle famiglie, minacce continue ….. Il bilancio è disperante: una vera pulizia etnica ha cacciato dal Kosovo la maggioranza dei non-albanesi e quelli che sono rimasti vivono nel terrore.

in concreto, cosa ha potuto mostrare?

M. Collon: una ventina di interviste offrono alle vittime la possibilità di parlare. Le loro testimo-nianze, piene di dignità ma toccanti, mi hanno commosso fino alle lacrime. Bisognava assolutamente che il loro tragico messaggio arrivasse all’opinione pubblica. Bisognava spezzare il silenzio mediatico che circonda oggi il Kosovo. La loro sorte è un terribile avvertimento anche per tutti i popoli: l’occupazione da parte degli Stati Uniti o dei paesi della NATO non rappresenta assoluta-mente una soluzione. Al contrario, essa garantisce terribili sofferenze per tutti gli esseri umani che vivono nelle regioni occupate.

la presenza delle truppe NATO non è un freno per queste violenze?

M. Collon: non soltanto non mette loro un freno, ma il film contiene parecchi documenti esclusivi che provano la complicità della NATO con gli autori di questi crimini, le milizie separatiste dell’UCK.

ha avuto problemi a girare il suo film?

M. Collon: certo che ne ho avuti? In un simile clima di terrore, un cameraman serbo rischia la vita se fa delle riprese in zone “non albanesi”. Ma ho avuto la fortuna di poter contare su una squadra televisiva serba molto motivata. Persone molto coraggiose, cui debbo molto.

Vanessa, come si è unita al progetto?

V. Stojilkovic: a venticinque anni ho già fatto diverse esperienze nel campo dell’immagine, anche di montaggio. Dopo un contatto via Internet, Michel Collon mi ha proposto di ricominciare a scrivere e di montare il suo film, che era rimasto bloccato a causa dei problemi di salute del precedente realizzatore: io ho accettato subito.

perché è francese ma di origine jugoslava?

V. Stojilkovic: sì e no. Sì perché, in effetti, parecchi membri della mia famiglia sono morti o hanno sopportato terribili sofferenze a causa della guerra. E ne ho risentito moltissimo. Il film mi ha per-messo di tener fede alla promessa che avevo fatto loro in Jugoslavia: di dire la verità in Occidente. Disgraziatamente alcuni sono già morti, e altri lo saranno tra poco. Lo stress della guerra e dei bombardamenti ha provocato enormi problemi di ipertensione che non hanno il modo di curare. I tumori si sviluppano a una velocità spaventosa. Gli esseri umani muoiono nella sofferenza. Il bi-lancio della guerra, per tutta lo Jugoslavia, non è rappresentato solo dai morti, ma dallo stato fisico e psicologico dei sopravvissuti. E dalla loro mancanza di futuro. Michel Collon mi ha fatto veramente un regalo offrendomi la materia prima delle interviste che aveva registrato. E le sue lucide analisi, che collegano questa guerra ai processi di globalizzazione. Dando forma, modellando questi materiali ho avuto la possibilità di dar voce alla mia sofferenza, di mantenere la mia promessa e di elaborare il mio lutto.

M. Collon: è Vanessa invece che mi ha fatto uno splendido regalo. Io ho lavorato quattro giorni per girare; lei quattro mesi per montare. E non era assolutamente un lavoro facile, perché non sono un professionista della macchina da presa e quel che avevo portato con me dal Kosovo ne risentiva. Grazie a lei, grazie al suo grande impegno, tanti nel mondo potranno scoprire una realtà molto im-portante.

questo film si rivolge solo ai Serbi?

V. Stojilkovic: assolutamente no! La mia principale motivazione è stata quella di aprire gli occhi ai “Francesi francesi” e a tutti quegli abitanti dell’Occidente che sono stati disinformati. Per far sapere, ad esempio, che i non-albanesi sono privati di cure mediche decenti: la gente muore perché non si ha di che curarla, perché non hanno le attrezzature mediche necessarie. Per far sapere che i bambini serbi non hanno scuole. Che un centinaio di chiese è stato demolito e che tutto questo continua.

è un film filo-serbo?

M. Collon: no. In primo luogo perché dà la possibilità di esprimersi alle numerose minoranze na-zionali, che sono ugualmente perseguitate, “ripulite”. I Rom, ad esempio, che in questo momento sono perseguitati un po’ dappertutto in Europa. E che vengono martirizzati in Kosovo. Ma anche gli ebrei, i goranci, i musulmani, i turchi, gli egiziani, ….. minoranze di cui non si parla mai.
Inoltre tra le vittime di un sistema mafioso, costruito sul terrore, ci sono anche numerosi albanesi. Uno di loro ha potuto testimoniare davanti alla nostra macchina da presa. Era perseguitato perché sposato a una Serba! In effetti, non sono né filo-serbo né filo-albanese. Penso che tutte queste po-polazioni siano vittime di strategie nascoste all’opinione pubblica: gli Stati Uniti - come i loro alleati - volevano distruggere una Jugoslavia troppo a sinistra. Volevano controllare le vie del petrolio, che passano proprio dove volevano installare la loro megabase militare di Camp Bondsteel … E ci sono riusciti, utilizzando - o meglio fomentando - il conflitto tra Serbi e Albanesi. Sa che oggi gli americani concludono contratti di affitto di 99 anni per le piste dei loro bombardieri? Qualcuno ci può spiegare in che modo i bombardieri potranno contribuire a risolvere i problemi delle popolazioni del Kosovo?

allora si tratta di un obiettivo strategico più vasto?

M. Collon: proprio così. Questa base serve ad avvicinare i bombardieri americani a Mosca e al Caucaso. Fa parte del grande piano di accerchiamento, perché Washington non pensa che Putin e le sue attuali tendenze siano destinate a durare in eterno. E soprattutto fare a pezzi la Jugoslavia faceva parte del piano globale perché in tal modo si mandava un messaggio a tutti i popoli del mondo: se opponete resistenza alla globalizzazione sarete distrutti.
Un editorialista del New York Times l’aveva scritto a chiare lettere alla vigilia della guerra: “Perché la globalizzazione proceda, l’America non deve aver paura di agire come la superpotenza che in effetti è. La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un pugno ben nascosto. McDonalds non può fare affari senza McDonnel Douglas, il produttore dell’aereo F-15. E il pugno nascosto che garantisce un mondo sicuro per le tecnologie della Silicon Valley si chiama esercito degli Stati Uniti, Aviazione, Marina e Marines”.

lei ha già scritto parecchi libri su questi problemi. Perché ora un film?

M. Collon: ho constatato che questo mezzo permette di raggiungere anche quelli che non leggono. Ed è perfetto per suscitare un dibattito. Tutti possono regalare facilmente una cassetta a un amico, a un parente. O organizzare a casa propria una piccola proiezione – discussione. Ed è urgente che queste idee circolino perché Bush annuncia che attaccherà parecchi altri paesi. Una buona ragione per i progressisti di ridiscutere quello che è successo in Jugoslavia. I risultati raggiunti dalla NATO corrispondono alle sue promesse? C’erano altri interessi nascosti? L’opinione pubblica è stata ma-nipolata grazie alle menzogne mediatiche?

La Jugoslavia è dunque un avvertimento, prima dell’Iraq, della Palestina e di tanti altri?

M. Collon: si. La globalizzazione è la guerra, per sua stessa natura. La politica delle multinazionali non fa che accrescere il divario tra ricchi e poveri del pianeta. La guerra è diventata il metodo numero uno per spezzare la loro resistenza. La guerra contro i Palestinesi e gli Iracheni, il “Piano Colombia”, l’aggressione del Congo attraverso eserciti di potenze locali, ma manovrate dall’Occi-dente, le minacce contro l’Iran, la Siria, la Corea, tutto questo fa parte della stessa guerra globale.

V. Stojilkovic: i giovani antiglobalizzazione dovrebbero interessarsi di più a queste guerre. Non si può lasciare che un paese che ha usato un’arma chimica come l’Agente Arancione, bombe all’uranio o schifezze di questo genere ci manipoli e ci faccia credere che combatte per la libertà e i diritti dell’uomo. Non possiamo lasciargli governare il mondo e organizzare guerre che servono agli interessi delle sue multinazionali. E sono arrabbiatissima anche contro i paesi europei che sono stati complici degli USA e approfittano di questa guerra. Questo film vuole ricordare, ammonire, chiedere aiuto. Da parte dei popoli del Kosovo e di tutti i popoli minacciati. Quando la NATO o la forza europea di pronto intervento si prepareranno a bombardare un altro popolo, bisogna che la popola-zione dei paesi della NATO insorga e intervenga in massa contro i propri governi.

il precedente film “Sotto le bombe della NATO” è stato tradotto in diverse lingue. E questo?

V. Stojilkovic: ho appena finito la versione serbo-croata. Con le nuove tecnologie di montaggio computerizzato, è facile sostituire una “pista” del montaggio, ad esempio quella delle voci fuori campo o quella con i sottotitoli, con un’altra versione. Le traduzioni in spagnolo, olandese e inglese sono già in preparazione. Abbiamo già stabilito contatti per le versioni in arabo, italiano [già disponibile - ndr], russo e tedesco, che sarebbero anche molto utili. Per tutto questo e per garantire una massiccia diffusione abbiamo bisogno di aiuto.

perché, la sorte toccata alla Jugoslavia minaccia altri popoli?

M. Collon: proprio così. Questo film si rivolge a tutti i popoli del mondo. Il Kosovo è un avverti-mento per tutto il nostro pianeta. Ogni popolo che non voglia vivere schiavo, ogni paese che voglia determinare autonomamente il proprio destino, tutti rischiano di cadere vittima della guerra totale di Bush e dei suoi amici. La sola possibilità consiste nel creare un vasto fronte internazionale di resi-stenza alla guerra.

Intervista di Antoine Renard
(tratto da “Nuova Unità” – n° 8/2002)

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Notizie sullo stesso argomento

Ultime notizie dell'autore «Michel Collon»

12881