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Il mattino ha loro in bocca

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Slai cobas: lettera aperta ai sindacati di base

per un percorso comune e continuativo su: guerra, guerra ai lavoratori, legge 146 e diritto di sciopero

(12 Aprile 2003)

Ai sindacati di base e autorganizzati,

Con questa lettera vi formuliamo la proposta di un percorso unitario e continuativo, per concretizzare lo slogan "contro le politiche di guerra, contro la guerra ai lavoratori" che abbiamo usato negli scioperi fin qui indetti assieme e ben rappresenta la situazione che tutti i lavoratori stanno vivendo.

Per noi è necessario evitare che si continui ciascuno per la propria strada, limitandoci a ritrovarsi "una tantum" ogni sei mesi (o più) per proclamare uno sciopero, spesso conservando contemporaneamente "settarismi" e inutili "concorrenze" nei posti di lavoro.
Non vi stiamo proponendo un percorso "unificativo", siamo i primi a ritenere che il superamento dell’attuale stato di divisione possa essere solo il frutto di una ripresa su vasta scala della mobilitazione operaia e proletaria, che ponga nel vivo delle lotte l’unificazione della classe su obiettivi e metodi di lotta anticapitalisti.

Ma, tra le condizioni che contribuiscono a favorire lo sviluppo dei percorsi di opposizione sociale e ad indirizzarlo in un senso o nell’altro, ci sono anche le attitudini e le scelte effettuate da quanti si muovono già oggi tra i lavoratori; tanto più in una situazione come l’attuale, in cui manca una rappresentanza politica indipendente degli interessi di classe del proletariato. Non solo pensiamo, quindi, che si debbano preparare al meglio queste condizioni, ma che la portata dell’attacco contro i lavoratori e delle politiche di guerra, destinati a durare oltre l’attuale contingenza e a segnare il corso della lotta tra le classi nei prossimi anni, ci pongano oggettivamente di fronte al fatto che nessuno di noi, da solo, è in grado di contrastare quanto sta avvenendo.

Questo anche alla luce del fatto che ipotesi politico-sindacali di gestione del capitalismo, verniciate a nuovo da "opposizione" e riproponenti una versione addolcita del cosiddetto "neoliberismo", come quella di Cofferati, stanno prendendo piede tra i lavoratori e si candidino a "incassare" i risultati delle attuali proteste sociali, per piegarne le energie e le dinamiche di lotta a sostegno di un nuovo centro-sinistra, magari un po’ meno "centrista" di quello attuale, ma sempre e comunque portatore di interessi contrari alla difesa dei lavoratori. (Che altro potrebbe fare chi ha tagliato le pensioni, introdotto il pacchetto Treu, condotto la guerra contro la Serbia, rivendica il ritorno alla concertazione,...?). Problema che anche altri si pongono, cercando di inserirsi nelle dinamiche di mobilitazione sociale per fornire una "diversa" soluzione, su cui non concordiamo, come ad esempio Patta.

Se non vogliamo far sempre da "apripista" per altri e senza far finta che non esistano differenze tra di noi (l’omogeneità è un obiettivo da raggiungere e non una base di partenza), vi proponiamo un percorso realmente comune a partire dalle scadenze e dagli obiettivi, gestito nei fatti in modo collettivo e unitario in ogni posto di lavoro in cui ciascuno di noi sia presente, anche singolarmente.

Pensiamo si possa partire da tre punti, in questo momento fondamentali:

1) Guerra: occorre dare continuità ad una mobilitazione comune, imperniata sull’obiettivo cardine di uno sciopero generale (senza se e senza ma, concedeteci la battuta), cui ci si arrivi con una campagna unitaria non solo in termini di propaganda esterna (che finora si è limitata essenzialmente a qualche pubblicità comune), ma che si sviluppi a partire dai posti di lavoro con comuni prese di posizione, volantini nazionali firmati da tutti, assemblee unitarie, attivi sul territorio... ecc. Dovremmo agire da vero e proprio "comitato promotore", ponendo noi agli altri di esserci e di partecipare ad una scadenza necessaria e naturale sbocco delle mobilitazioni contro la guerra fin qui sviluppatesi, muovendoci in modo organizzato e coordinato perché l’obiettivo dello sciopero generale esca dai posti di lavoro, quale rivendicazione di tutti i lavoratori.

Uno sciopero che dovrebbe essere fatto non per testimoniare la nostra indignazione contro la guerra, ma ponendosi il fine di creare effettivamente un danno, ragionando su quegli obiettivi (occupazioni di stazioni, blocchi stradali in gangli vitali della circolazione, ...) che possano evitare che la giornata non sia la solita manifestazione rituale, ma una concreta rottura della pace sociale.
Uno sciopero generale quale primo atto di una costante mobilitazione nei posti di lavoro contro la guerra per tutta la durata del conflitto, facendo così anche emergere il nesso esistente tra la guerra e l’attacco ai lavoratori, quali prodotti della crisi del capitalismo.

2) Guerra ai lavoratori: dobbiamo aprire un fronte comune nei posti di lavoro. Il primo passaggio che ci sembra possibile è quello della difesa delle condizioni di lavoro a partire dai rinnovi contrattuali in corso. Dobbiamo presentare piattaforme comuni che comincino ad essere un punto di riferimento e attrazione per i lavoratori, perché questi possano vedere che "altre rivendicazioni sono possibili" rispetto a quelle della concertazione al ribasso.
Un primo caso concreto ci sembra quello dei metalmeccanici. Il rinnovo contrattuale non può essere fatto dando ormai per acquisito e superato il problema dei licenziamenti alla Fiat (e non solo), accettando non solo i salari, ma anche i ritmi, i turni, gli straordinari e le flessibilità che sono imposti con gli accordi confederali.

Una base di partenza, per una rivendicazione comune, ci sembra possa essere la piattaforma proposta dalla CUB. Da questa riteniamo si possa partire per elaborare in tempi brevissimi una piattaforma comune da sostenere in tutti i posti di lavoro. Una piattaforma "altra" che proponiamo si lanci con un’assemblea nazionale dei metalmeccanici, da fare a Termoli, assieme a Melfi uno degli stabilimenti simbolo dell’ultrasfruttamento Fiat che si vuole estendere in tutti i posti di lavoro, collegando l’iniziativa alla questione dell’integrativo Fiat, che non può essere affrontato senza porre il problema degli operai di Arese, di Termini Imerese, degli altri stabilimenti, del loro lavoro e della disdetta degli accordi sui turni, sugli straordinari, ... che distruggono la vita degli operai e hanno contribuito a far sbattere fuori gli operai dagli stabilimenti in crisi.

Ovviamente quello dei metalmeccanici è solo un esempio, che però abbiamo delineato sulla base anche della richiesta e della disponibilità ad un’azione unitaria che proviene da una serie di Cobas di fabbrica, che sentono il peso di risposte separate e divise. Una proposta che pensiamo, quindi, non semplicemente teorica, ma concreta e fattibile. Per questo riteniamo che la stessa metodologia dovrebbe essere seguita anche negli altri settori (Poste, ecc.), articolando un intervento comune e unitario su tutto il territorio nazionale sulla base degli obiettivi concordati e definiti nelle proposte di piattaforma.

Lo sviluppo di un’iniziativa comune in tutti i posti di lavoro, nazionalmente coordinata e non lasciata all’episodicità e alle scelte locali, ci consentirebbe di accumulare dei rapporti di forza più favorevoli per affrontare quelle battaglie generali che ci aspettano a breve sul furto dei TFR e sul pacchetto di flessibilizzazione del lavoro.

3) Legge 146 e difesa del diritto di sciopero: le continue nuove limitazioni del diritto di sciopero introdotte dalla Commissione di Garanzia, l’estensione della legge dal settore dei trasporti ad altri del pubblico impiego e non solo, la progressiva riduzione di quei già pochi diritti sindacali che godono le RSU, la tendenza generale ad impedire la possibilità di espressione e organizzazione dei lavoratori in modo anticoncertativo, ci impongono l’apertura di un ragionamento e di un’azione comuni.
Il convegno tenuto il 1° marzo a Bologna del settore dei trasporti è per noi un primo passo importante per attivare un percorso concreto che riesca a diffondere tra i lavoratori la convinzione della necessità di organizzarsi per poter scioperare e impedire che tale possibilità sia sempre più ridotta a tutti i settori lavorativi.

Questione del diritto di sciopero e difesa dei diritti nel posto di lavoro devono divenire oggetto di una comune campagna nazionale, superando la fase precedente che ci vedeva ciascuno con la propria proposta di legge specifica, mai presa in considerazione dalla commissione parlamentare. Ci sembra necessario definire assieme un insieme di diritti minimi, esigibili dai lavoratori, su cui aprire una battaglia, anch’essa continuativa e a partire dai posti di lavoro.


Infine, se si volesse scegliere questo percorso, ci sembrerebbe necessario assicurargli effettivamente continuità, dandogli un minimo di strutturazione, tramite una serie di incontri di verifica fissi tra tutte le sigle sindacali di base e autorganizzate, da tenersi con un intervallo di tempo massimo di due mesi tra una riunione e la successiva.

Riteniamo che agire nel modo comune ed unitario che chiediamo, con tutte le correzioni necessarie alle specifiche proposte fatte, rappresenti la condizione minima necessaria, ma ancora non sufficiente, per organizzare e far crescere una risposta indipendente nella e della classe, col fine di divenire maggioranza politica tra i lavoratori. Una condizione che ci è comunque imposta e da cui non pensiamo si possa svicolare.

Milano, 9/3/2003

Il coordinamento nazionale dello Slai Cobas
Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale

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