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Croce Rossa, il Commissario Rocca mette in riga i militari

(3 Febbraio 2011)

Chi va più lontano finisce a Cuneo, il più fortunato finisce a Pescara, questo per un mese poi chissà. I militari di Croce Rossa Italiana in servizio al Centro Operativo Sanitario Provinciale di Roma devono rispondere “Obbedisco” al comando del Commissario Straordinario Rocca che ne colloca trentadue in altre regioni. E’ l’ennesimo effetto del piano di riordino dell’Associazione al quale il dinamico avvocato sta lavorando e di cui rivendica logiche che s’attagliano alle richieste della realtà quotidiana. La stessa motivazione recentemente l’ha condotto a chiudere tre presidi sanitari gestiti da CRI in popolosi quartieri della capitale. “Erano un retaggio di un’Italia bisognosa che non esiste più – ha dichiarato - oggi i marginali sono i rom, lì orienteremo i nostri interventi”. Ma di cosa si occupa e soprattutto di cosa s’occuperà la Croce Rossa del futuro? Se lo chiede anche un funzionario con oltre trent’anni d’attività alle spalle che vuole restare anonimo perché teme possibili reprimende dell’Ente “Facciamo tante cose, alcune sono prestazioni d’eccellenza però servirebbe razionalizzare. Dalla riorganizzazione lavoratori e volontari s’aspettano chiarificazione e concretezza, non dismissione di servizi”. Il piano di riordino che impegna Rocca da due anni, e che i sindacati attendono come un evento, non pare il frutto di condivisione con le strutture territoriali. Il caso del COSP, che nella giornata di lunedì ha visto striscioni e qualche dipendente sul tetto dell’edificio di via del Porto Fluviale, è emblematico. Una decisione giunta dall’alto senza percome e perché. Dismesse molte figure di autisti-barellieri che prestano servizio sulle ambulanze del 118 più sette meccanici addetti alle riparazioni nell’officina. Dalla sede ci dicono che le prestazioni delle ambulanze possono continuare col personale che resta ma in situazioni di ferie ed eventuali malattie le vetture presenti potrebbero non essere in condizione di partire. Così l’sos lanciato da tempo da alcuni sindacati, Usb e anche Cgil e Uil, sul pericolo di dismissioni di servizi di pubblica utilità appare reale.

Il Commissario, nell’intervista rilasciata a Terra il 22 gennaio scorso, s’era difeso ricordando come all’Ente non compete l’attività di Pronto Soccorso, ciò che prosegue è frutto di convenzioni stabilite con le Regioni. Se alcune convenzioni saranno dirottate verso altri soggetti la colpa non sarà di Croce Rossa. Nell’atteso piano di riordino magari apparirà anche una più definita filiera di competenze di cui alcuni dipendenti sulla soglia della pensione ricordano certe prestigiose attività: quella del romano CEM che presta tuttora servizio ai disabili e che potrebbe venire dismessa. E i lavoratori, sia i precari del 118, a fine maggio in scadenza di contratto e convenzione, sia quelli del COSP hanno timore a parlarne ufficialmente “Dobbiamo farlo di nascosto perché rischiamo le sanzioni previste dal Codice Etico introdotto dal Commissario”. Sull’argomento avevamo riportato a Rocca il malumore di qualche delegato che temeva la limitazioni dialettiche e di spazi sindacali. Lui rispondeva: “Il delegato può operare nella pienezza dei doveri derivati dal mandato conferitogli dai lavoratori. E’ tutto legittimo, dobbiamo solo fare una precisazione su un articolo del Codice che ha ingenerato confusione. Il caso in cui dipendenti o volontari di CRI s’imbattano in un reato: essi hanno il dovere di denuncia all’autorità giudiziaria mentre qualcuno strumentalmente ha affermato il contrario“. Il ricorso all’anonimato di lavoratori e dirigenti testimonia invece un clima di paura. Per la vicenda del COSP il Pd col capogruppo del Lazio Montino ha espresso una decisa nota di dissenso “E' una vicenda che denuncia le aberrazioni prodotte dal precariato. Credo che sia urgente intervenire presso il Ministero della Difesa perché questa decisione scellerata venga bloccata. Chiedo alla Presidente Polverini di prendere immediati contatti con il Commissario della Croce Rossa per chiedere la ragioni della decisione”.

2 febbraio 2011

Enrico Campofreda

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