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GENOVA : BOLLETTINO AMT DI DICEMBRE 2012

" LOTTA DI CLASSE "
AUTOFERROTRANVIERI - GENOVA

(23 Dicembre 2012)

“ L' emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi!! “ (K.Marx)

EDITORIALE:

NEW DEAL O RIVOLUZIONE ?
Il recente appello “Cambiare si può per una lista alternativa alle elezioni del 2013” ( cd. movimento arancione) è l’ennesima riproposizione, in forma concentrata, di tutti i luoghi comuni del riformismo: nei loro presupposti teorici, nella loro traduzione politica, e persino nel loro vocabolario simbolico.
Tale appello rivendica la Costituzione italiana del 1948, propone il “Welfare” come “la strada che ha portato alla soluzione delle grandi crisi economiche del secolo scorso”, fa un lungo elenco di “possibili” azioni virtuose per politiche solidali, di cura dell’ambiente e dei beni comuni, di buona amministrazione, ecc…
Può essere che questo appello raggiunga il suo vero obiettivo politico: raggruppare un nuovo fronte politico elettorale che vada da Di Pietro a Ferrero, passando per De Magistris e Ingroia, funzionale alla salvezza o alla riconquista di una rappresentanza parlamentare. Di certo è che il contenuto dell’appello è un inganno politico e culturale, perché ripropone esattamente la subordinazione del movimento operaio e di tutti i movimenti ad un equivoco fallito, smentito dalla storia e tanto più utopico e improponibile oggi.

L’UTOPIA DEL RIFORMISMO
Sarebbe bene evitare di rileggere il secolo scorso con la lente delle proprie illusioni. Non sono stati Roosevelt, Keynes o il Welfare ad aver “risolto” la grande crisi capitalistica degli anni ’30. Tanto è vero che la stessa economia americana tornò in recessione nel ’37. Fu la guerra mondiale, con le sue gigantesche distruzioni e i suoi orrori, a rilanciare l’accumulazione capitalistica e a consentire il boom del dopoguerra. E’ vero che il New Deal roosveltiano si accompagnò negli USA ad alcune riforme sociali e che il Welfare si diffuse nell’Europa del dopoguerra, ma ciò fu possibile solo in presenza di circostanze straordinarie: sul piano economico l’enorme ricchezza di un capitalismo americano allora creditore e, in Europa, il grande boom economico innescato dalla ricostruzione postbellica; sul piano politico, l’esistenza determinante dell’ Unione Sovietica, erede della Rivoluzione d’ Ottobre (nonostante i limiti e le deviazioni rappresentati dallo stalinismo), quale fattore oggettivo di pressione sulle classi dominanti d’Occidente. Le riforme furono il sottoprodotto della rivoluzione russa, assai più che dei “riformisti” di ogni colore.
Come non vedere oggi che quella parentesi storica si è chiusa? Come non vedere che la grande crisi economica internazionale esplosa nel 2007, e tuttora irrisolta, dimostra che non siamo di fronte ad una semplice crisi delle “politiche liberiste”, superabile con qualche rimedio keynesiano. Siamo in presenza della crisi storica del capitalismo, e del fallimento clamoroso del gigantesco interventismo pubblico degli Stati a suo sostegno. Riproporre il mito liberal progressista di un possibile New Deal in un quadro capitalistico segnato dalla voragine generale del debito pubblico verso le banche, dalla feroce concorrenza fiscale tra gli Stati, dalla competizione sfrenata su un mercato mondiale gigantesco (per merci, lavoro, capitali) significa vagheggiare un’utopia senza senso e senza futuro.

L’ATTUALITA’ DI UN PROGRAMMA ANTICAPITALISTA
Paradossalmente sono le stesse istanze di trasformazione poste dall’appello a richiamare la necessità di quella prospettiva anticapitalista che la sostanza dell’appello nega, e a porre la centralità di quell’azione di classe clamorosamente rimossa. Alcuni esempi: “diritto al lavoro”, “intervento pubblico a difesa dello Stato sociale”, “difesa di scuola e sanità pubblica”, ecc… sono tutte rivendicazioni che solo un governo dei lavoratori può realizzare, solo un governo che cacci assieme a Monti, e ai partiti che lo sostengono, anche gli industriali e i banchieri che li finanziano. Che si appoggi sulla forza e l’organizzazione diretta dei lavoratori. Che realizzi in definitiva la democrazia vera: il potere della maggioranza della società di decidere sul proprio futuro. Perché questo, in definitiva, è il bivio vero. Non quello tra il “realismo” degli obiettivi “possibili” in salsa riformista, e il “massimalismo” astratto di una “impossibile” rivoluzione anticapitalista. Ma tra il realismo di una rivoluzione difficile e l’utopia di un riformismo impossibile che si traduce, al di la delle parole, nella rassegnazione all’esistente. Ricondurre tutte le lotte immediate ad una prospettiva di rivoluzione, sviluppare in ogni mobilitazione la coscienza della necessità della rivoluzione come unica via di liberazione, è un compito imposto dallo scenario storico del nostro tempo. E’ il compito del PCL.

ECHI :

METRO : 26 ANNI PER 7 KM
Sabato 22 Dicembre è stata inaugurata la nuova stazione di Brignole, che rappresenta il traguardo finale dell’intera opera. Al di la della soddisfazione per la bellezza della stazione e per la sua importanza per i cittadini genovesi, è inevitabile fare alcune considerazioni conclusive. In totale, ci sono voluti 26 anni per realizzare 7 km di metropolitana cittadina, composta da 8 fermate in tutto, per un costo complessivo di circa 800 milioni di euro, vale a dire ben 108 milioni a km. Soldi, guarda caso, interamente pubblici (in parte dello Stato e in parte del Comune e della Regione). All’origine di molti ritardi ed interruzioni dei lavori ci sono stati i finanziamenti pubblici a singhiozzo, l’aumento dei costi nel corso degli anni, i numerosi ritrovamenti archeologici, le varie inchieste giudiziarie sulla Tangentopoli genovese negli anni ’90, e i vari scontri tra Comune e la concessionaria Ansaldo Trasporti. Non c’è che dire: la costruzione della Metropolitana genovese è stato un grande affare per pochi e i loro amici, ed un pessimo affare per la cittadinanza genovese.

CCNL E PRODUTTIVITA’: UN’ ACCORDO DA RESPINGERE
Cisl, Uil e Ugl, firmando il recente accordo sulla produttività si sono resi complici della demolizione del CCNL e della estensione, di fatto, del modello Marchionne all’intero mondo del lavoro. Con questo accordo i contratti saranno completamente subordinati alle necessità aziendali, i salari saranno legati alla produttività, perciò condizionati dal mercato, dai profitti, dalla concorrenza, ecc.. Il contratto aziendale diventa, di fatto, il principale contratto di riferimento e potrà contenere deroghe ai contratti nazionali e alle leggi vigenti su orario di lavoro, mansione, flessibilità e organizzazione del lavoro. Lo spionaggio elettronico sui lavoratori oggi vietato sarà permesso.
La richiesta, tanto cara a Cisl e Uil, di riduzione fiscale per straordinari e premi di produzione, è il contentino che portano a casa. D’altronde Governo e Confindustria compenseranno il mancato gettito fiscale con i prossimi tagli in materia di sanità, scuola, trasporti, pensioni, ecc.. già annunciati per i prossimi anni. In tema di rappresentanza sindacale, il nuovo accordo ricalca il famigerato accordo del 28 Giugno 2011, cioè si delinea un sindacato complice con le esigenze aziendali, che: firma tregue, assicura l’applicazione degli accordi, e accetta eventuali sanzioni nel caso qualcuno non intenda mantenere gli impegni presi. La CGIL finora non ha firmato, bene ma non basta, occorre combattere ovunque l’accordo e chi lo sostiene senza pasticci e ambiguità. Per prima cosa la CGIL tolga la firma dall’accordo del 28 Giugno 2011, che ha aperto la strada a questo disastroso accordo. E subito dopo indica uno sciopero generale ad oltranza fino al ritiro dell’accordo. O sarà solo l’ennesima opposizione di facciata.

Per lo sciopero generale ad oltranza fino al ritiro dell’accordo.!
Per la lotta di classe generalizzata: contro Monti, i suoi mandanti e i suoi complici, nella politica e nel sindacato.!!

FIRMA ANCHE TU PER CONSENTIRCI DI ESSERE PRESENTI ALLE ELEZIONI
Una legge antidemocratica impone alle forze che non sono in Parlamento la raccolta di un numero elevatissimo di firme per potersi presentare alle elezioni. E’ una legge truffa, a tutto vantaggio di quei partiti parlamentari, spesso corrotti, che ti svuotano il portafoglio, per riempire le tasche dei banchieri e dei grandi industriali. Il PCL ha come obiettivo il rovesciamento di questo sistema, per liberare la società dall’attuale dittatura degli industriali, dei banchieri e dei loro partiti. E
rimpiazzandola con un governo dei lavoratori: che cancelli tutte le leggi contro il lavoro; annulli il debito pubblico verso le banche; nazionalizzi il sistema bancario; liberi le famiglie dal cappio al collo di mutui usurai; espropri, sotto il controllo dei lavoratori, le aziende che licenziano, inquinano, calpestano i diritti; vari un grande piano di opere sociali finanziato dalla tassazione progressiva delle grandi ricchezze, organizzi uno Stato con deputati pagati col salario medio di un impiegato.
Per queste ragioni chiediamo una firma che consenta la presentazione, controcorrente, del nostro partito e del nostro programma.

Se sei interessato a darci la tua firma, ci puoi trovare tutti i giorni dopo le 17.30 in p.zza Campetto (centro storico), o contattaci all'indirizzo : pclgenova@libero.it

PCL-GENOVA

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