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(7 Maggio 2013)
Ali Akbar Velayati e' uno dei favoriti alla vittoria finale. Nessuna certezza sulla possibilita' dei riformisti di prendere parte alle elezioni
di Giorgia Grifoni
Roma, 7 maggio 2013, Nena News - Voto nuovo, vecchia guardia. Sono cominciate questa mattina - e continueranno fino all'11 maggio - le registrazioni dei candidati alla presidenza dell'Iran tra incognite, polemiche e una buona dose di scetticismo. A Teheran, infatti, pochi sperano in un cambiamento che le elezioni presidenziali del prossimo 14 giugno potrebbero portare: distensione dei rapporti con i paesi occidentali - soprattutto con gli Stati Uniti - riavvio delle relazioni con gli altri stati del Golfo, un approccio più diplomatico sul programma nucleare e il conseguente allentamento delle sanzioni economiche imposte alla Repubblica islamica. Perché, a quanto pare, la dirigenza politico-religiosa iraniana si è organizzata al meglio per evitare un risultato elettorale "scomodo".
Le indiscrezioni parlano infatti di una rosa di concorrenti fatta di fedelissimi della Guida Suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei, e di candidati vicini alle Guardie Rivoluzionarie. Si tace, invece, sui Riformisti, accusati di aver fomentato le rivolte del 2009 a seguito della rielezione del presidente uscente Mahmud Ahmadinejad e quasi bloccati da un disegno di legge approvato lo scorso dicembre dal Parlamento: secondo quanto riportato dal periodico online East Journal, i candidati dovranno essere approvati da almeno un terzo dell'Assemblea legislativa e da 25 su 86 tra i membri dell'Assemblea degli Esperti, composta da giuristi e accademici islamici. Il tutto passerà poi al vaglio del Consiglio dei Guardiani della Costituzione, organo composto da sei teologi nominati da Khamenei e sei scelti dal potere giudiziario (dipendente dall'Ayatollah), che nei prossimi cinque giorni deciderà chi concorrerà e chi no.
I nomi dei conservatori vicini alla dirigenza islamica sono già noti. Tra tutti spicca Ali Akbar Velayati, fisico e consigliere di Khamenei per gli affari internazionali, ex-ministro degli esteri durante la guerra con l'Iraq del 1980-88. Forte dell'appoggio incondizionato della Guida Suprema e dei suoi buoni rapporti con le Guardie Rivoluzionarie, Velayati sembra il più papabile per prendere il posto di Ahmadinejad. Accanto a lui corre anche il sindaco di Teheran Mohammad Bagher Qalibaf, ex comandante delle Guardie Rivoluzionarie durante il conflitto Iran-Iraq e forte oppositore del presidente uscente Ahmadinejad. Altro possibile concorrente è il religioso Hasan Rowhani, ex capo-negoziatore per il nucleare e rappresentante di Khamenei al Supremo Consiglio Nazionale per la Sicurezza.
Tra i nazionalisti vicini ad Ahmadinejad si presenterà invece Esfandiar Rahim Mashaei, consigliere e genero del presidente uscente. Difficile pensare che possa passare il veto del Consiglio dei Guardiani: durante gli scontri tra Ahmadinejad e la Guida Suprema, Mashaei è stato più volte accusato di essere l'istigatore della "corrente deviata" che aveva preso la presidenza. Ahmadinejad, però, si è organizzato bene per sostenere il suo rampollo: come riportato dal Consiglio nazionale della Resistenza iraniana - coalizione di gruppi e personalità in esilio all'estero fondata nel 1981- egli ha più volte minacciato Khamenei di "rivelare documenti" se il proprio candidato non fosse stato ammesso al plebiscito.
Resta il vuoto sulla presenza - e soprattutto sull'ammissione alla corsa - dei candidati riformisti. Si rincorrono voci sull'entrata di Mohammad Reza Aref, liberale e vice-presidente dell'era Khatami. Candidatura però da considerarsi ritirata se dovesse entrare in gioco l'ex-presidente riformista, accusato più volte di essere dietro alle rivolte dell'Onda Verde del 2009 che portarono, tra le altre cose, all'arresto degli allora candidati riformisti Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi. Nonostante le richieste degli attivisti ancora rinchiusi in carcere e di 110 ulema di Qom a che entri in corsa per la presidenza, Khatami ha annunciato che non parteciperà alle elezioni fino a quando gli attivisti dell'Onda Verde non verranno liberati. Si fa invece sempre più ambigua la figura dell'ex presidente Ali Hashemi Rafsanjani: aveva annunciato che si sarebbe candidato, per poi ritirarsi dicendo che "non esiste alcuna possibilità di cooperazione con Khamenei". E qualche giorno fa ha invece dichiarato - come riporta l'agenzia stampa Mehr - di volersi candidare "solo se la Guida Suprema è d'accordo".
Che i candidati invisi alla dirigenza politico-religiosa iraniana passino o no, una cosa è certa: l'ultima parola spetta sempre a Khamenei. Che ha più volte espresso il desiderio di eliminare la figura del presidente, con un rafforzamento dei poteri del primo ministro.
Nena News
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