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LA PAURA DELLA POLITICA E’ IL MALE OSCURO DELLA SINISTRA ITALIANA

(5 Giugno 2014)

Queste poche righe contengono semplicemente una constatazione e un appello.
La constatazione riguarda l’intera sinistra italiana, quella rivoluzionaria, quella massimalista, quella riformista (tanto per rispettare le antiche separazioni e appartenenze) che sembra aver trovato – in negativo – un denominatore comune: quello della paura della politica e, di conseguenza, del ricercare di nascondersi e di mistificarsi.
E’ stata negata, nel corso di questi anni, la storia originale e particolare delle formazioni politiche che hanno rappresentato, nel ‘900, il movimento operaio italiano, le parti più avanzate dell’intellettualità del nostro Paese, i rappresentanti di un agire politico che aveva prodotto aggregazione e iniziativa all’interno dei grandi partiti di massa.
Si è rinnegata la forma della politica attiva con la scusa della modernità, una modernità intesa come individualismo, negazione dell’agire pubblico e collettivo.
Si è fraintesa la politica con l’idea della governabilità come unica frontiera possibile, scambiando le elezioni come il solo momento possibile di espressione politica, riducendosi a un elettoralismo deteriore: com’è dimostrato sia dalla vicenda dell’evoluzione del PDS in PD, sia dalla storia dell’involuzione drammatica dell’area che aveva dato vita a Rifondazione Comunista che, di scissione, in scissione, si è ridotta – letteralmente – a nascondersi com’è stato nel caso dell’Arcobaleno, della Lista Ingroia e di quella Tsipras, aderendo a principi che sono esattamente il contrario di quelli che dovrebbero ispirare un’azione politica comunista: il personalismo, l’opportunismo, il decadimento dei valori portanti della nostra storia.
Ci si è nascosta la verità: non era sparita la classe operaia, non erano venuti a mancare i soggetti di una possibile alternativa politica e sociale: al contrario, proprio la ferocia capitalistica nella gestione del ciclo che stiamo vivendo ha riacutizzato gli elementi portanti della nostra identità, a partire dalla necessità di misurarsi appieno con la contraddizione di classe, da intrecciarsi strettamente con quelle contraddizioni post-materialiste tra le quali emerge l’altro feroce atteggiamento del capitalismo rispetto all’ambiente naturale e alla devastazione del territorio.
Ancor più grave ciò che è accaduta nella componente di sinistra rimasta nel PD: accecata a tal punto dalla paura di non riuscire a sopravvivere da accettare disegni di tipo autoritario come quelli portati avanti dall’attuale dirigenza. Disegni autoritari che avrebbero bisogno, da subito, di un’implacabile opposizione, da trasformare nel tempo più rapido in una proposta alternativa.
La paura più evidente e drammatica riguarda però la “forma” dell’azione politica, ormai ridotta e stretta tra la separatezza di un’autonomia del politico rivolta alla ricerca del potere puro e semplice e il movimentismo che, ammantato di belle parole riguardanti la cessione di “sovranità dello stato – nazione”, il ruolo dell’Europa, l’utilizzo delle nuove tecnologie in politica, lo svuotamento di senso complessivo all’interno di una società vista (erroneamente) come ormai priva di classi e dimensionata in una forma definita, ormai, come “liquida” rifiuta di ricercarsi e costituirsi come soggettività, trascinandosi nell’indeterminatezza.
Questo disastro è stato attuato da una generazione che non lascia eredi e che può contare nelle sue fila un numero consistente di super privilegiati fin dai tempi delle “vacche grasse” che, nascondendosi dietro l’apparente impossibilità di ricostituire un’adeguata soggettività politica, puntano a perpetuare la loro ignavia e il loro sostanziale cinismo.
Le generazioni successive che si approcciano alla politica, esaurita la fase della riflessione sugli universali e sull’appartenenza diretta alla rappresentanza delle contraddizioni sociali, sono così composte di feroci carrieristi e apparenti iconoclasti che stanno preparando la fase della raccolta di futuri privilegi da “intoccabili”.
La sinistra italiana ha alle sue spalle una storia lunga e gloriosa che non può essere dismessa; così come non possono essere dismesse le volontà di rivolta.
L’appello riguarda la necessità di ripensare l’organizzazione politica, anche partendo da modeste dimensioni, rifiutando sempre di considerare le idee di eguaglianza come marginali o minoritarie e ricollocando l’idea della costruzione del partito politico nella sua insuperabile “centralità sistemica.
Il nostro compito è sempre quello indicato da Antonio Gramsci: trasformare le masse da ribelli a rivoluzionarie.

Franco Astengo

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