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L’offensiva reazionaria della borghesia e la lotta per sconfiggerla

(16 Dicembre 2023)

offensiva reazionaria

Il governo Meloni è un tentativo reazionario del grande capitale di frenare il declino del logoro imperialismo italiano e stabilizzarlo intensificando lo sfruttamento e l’oppressione del proletariato e delle masse popolari dietro il manto della demagogia sociale e dell’occultamento della verità.

È ovvio che la borghesia sempre più reazionaria, poiché l’intero sistema è in crisi, perché ha sempre meno mezzi per competere con i suoi rivali imperialisti e deve lottare per mantenere le proprie posizioni. Lo è anche perché il proletariato e i settori popolari resistono ai suoi attacchi, acquisendo fiducia nelle proprie forze, avanzando nell’unità d’azione.

Come reagisce la classe dominante di fronte alle sue crescenti difficoltà economiche e finanziarie?

Da un lato, con l’intensificazione dei ritmi di lavoro, l’aumento della precarietà, l’offensiva contro i salari, la cancellazione del reddito di cittadinanza, la liberalizzazione dei contratti a termine, le misure contro le pensioni, l’obiettivo del ripristino delle gabbie salariali, i tagli alle spese sociali e l’aumento delle tasse per i lavoratori dipendenti, l’attacco al diritto di sciopero e alle libertà democratiche dei lavoratori, la criminalizzazione razzista dei lavoratori immigrati, la politica securitaria e repressiva, l’indifferenza per la crisi ecologica.

Dall’altro lato, con il sostegno miliardario ai monopoli con il Pnrr, le leggi a favore degli appalti e subappalti, le concessioni e gli sgravi concessi ad una minoranza di parassiti, la depenalizzazione dell’evasione fiscale, l’aumento delle spese belliche, il riarmo e la crescente militarizzazione.

Questa tenaglia costituisce il metodo particolare del tentativo di stabilizzazione condotto dall’estrema destra erede del fascismo che dirige il governo; un metodo che ha un carattere profondamente antiproletario e antipopolare.

Sul piano internazionale, la borghesia italiana si unisce al raggruppamento delle potenze occidentali dirette dagli USA nella aspra lotta in corso per il predominio mondiale.

Allo stesso tempo partecipa alla politica dei monopoli UE mercanteggiando con i suoi rivali, tentando un recupero di influenza nei paesi africani, per saccheggiarli, attraverso il velleitario “Piano Mattei”.

Per tali vie, apertamente reazionarie e guerrafondaie, si assicurano più alte quote di profitto e di rendite ai capitalisti industriali ed agricoli, ai banchieri, si compete più freneticamente per i mercati di sbocco e i rifornimenti energetici, aumentando la pressione sulla classe operaia, i braccianti, il proletariato dei servizi, le cui organizzazioni tradizionali vengono poste al margine del processo decisionale per procedere rapidamente al varo di misure padronali e neoliberiste.

Con il governo Meloni lo stato si subordina e si salda più strettamente con i gruppi dirigenti del capitalismo, con i monopoli, con le maggiori associazioni capitalistiche, intervenendo direttamente nel processo produttivo dei settori strategici, come quello energetico e bellico, nei rapporti commerciali.

Vi è sempre più stato per i profitti, per opprimere le masse, per ostacolare l’aspirazione alla libertà e all’eguaglianza dei lavoratori, ma sempre meno stato per le loro necessità vitali.

Per mantenersi al potere il governo Meloni deve inserirsi a fondo nel gotha del capitale, identificandosi con esso e portando avanti una feroce politica a suo esclusivo interesse, rassicurando in tal modo i circoli dominanti dell’alta finanza, la Nato, Bruxelles, il FMI, etc.

Il compito assegnato a questo governo di estrema destra è quello di scindere e contrapporre le masse lavoratrici affinchè non si ribellino al dominio dell’oligarchia finanziaria.

Tuttavia, malgrado i suoi sforzi, il governo Meloni rimane pur sempre un governo con una ristretta base sociale, con un consenso effettivo attorno al 25% dell’elettorato.

La sua base è essenzialmente elettorale e costituita dalla piccola borghesia. Ciò non è elemento di forza, ma di debolezza a causa delle convulsioni di questa mezza classe che subisce l’offensiva dell’oligarchia finanziaria e comincia a disilludersi della politica governativa.

Il governo Meloni sa che le oscillazioni della piccola borghesia sono un suo punto critico, che l’incombente recessione restringerà le sue basi sociali. Perciò si sforza di attrarre il piccolo capitale, le corporazioni dei ceti medi tramite concessioni, sgravi, condoni, prebende, etc.

La sua demagogia sciovinista è diretta principalmente verso questi strati sociali per distogliere la loro attenzione dai gravi problemi come la bassa crescita economica, la situazione critica del debito pubblico, la propagazione del dissesto finanziario nel sistema bancario, specie negli istituti minori, i fallimenti in politica estera.

Il governo di estrema destra – che non rientra nella messinscena della alternanza borghese di centrosinistra e centrodestra, ma esprime una svolta reazionaria che avviene in periodo di acutizzazione delle contraddizioni imperialiste – per poter durare a lungo e trasformarsi in regime autoritario e autocratico deve entrare necessariamente in urto con settori e apparati della borghesia, modificando il funzionamento interno della macchina statale.

Di qui il suo progetto di trasformazione reazionaria dello stato borghese per realizzare il premierato, stabilizzando e rafforzando l’esecutivo, mentre si restringono le prerogative del parlamento; di qui le intimidazioni a giudici, le nomine ai vertici istituzionali ed economici, il tentativo di dominare i media, il progetto dell’autonomia regionale differenziata, il conflitto sotterraneo con il Quirinale.

Ma il governo Meloni non cadrà per via delle inchieste della magistratura per la corruzione e le frodi dei suoi esponenti e sostenitori, come vogliono far credere i borghesi liberisti e riformisti.

La lotta per il rovesciamento del governo di estrema destra non può essere diretta dalla “opposizione costituzionale”, né dalla piccola borghesia che non ha alcuna funzione politica autonoma né larga prospettiva politica, ma solo una ristretta visione dei propri interessi corporativi.

Tale “opposizione”, per il suo appoggiarsi sullo stesso sistema di cui il governo di estrema destra è diretta espressione potrà anche sollevare il problema della “tenuta democratica” e mettere in atto alcune tiepide azioni in questo senso, ma non invertire la rotta. Potrà tentare di arginare per qualche tempo la deriva autoritaria, ma non inaugurare una “nuova stagione” con la sconfitta della destra.

Per la socialdemocrazia e il riformismo non ci sono più margini.

Queste tendenze rappresentano un ostacolo alla vera e necessaria lotta contro la reazione e il fascismo.

Più che un argine della deriva reazionaria, rappresentano un argine per frenare e contenere lo sviluppo della lotta della lotta delle masse sfruttate ed oppresse contro il capitale. I capi di queste correnti diverranno uno strumento sempre più reazionario nelle mani del grande capitale.

Solo la classe operaia, la classe più rivoluzionaria della società può condurre la lotta contro l’offensiva reazionaria e la politica di guerra, cercando e dirigendo i larghi strati di lavoratori che hanno in comune con il proletariato l’interesse alla lotta contro il regime del grande capitalismo o che abbandonano la difesa di questo fradicio regime.

La direzione sarà a sua volta tanto più efficace ed organica quanto più la classe sarà in grado di intervenire in ogni problema proponendo le proprie soluzioni, quanto più si batterà energicamente contro il capitale esprimendo la propria visione del mondo finalizzata all’obiettivo del socialismo e del comunismo, così da esercitare la sua egemonia e non essere più l’ausiliaria di altre classi sociali.

La classe operaia, che sta al centro del processo produttivo, è per questo nelle condizioni per avere la posizione dirigente nel processo di lotta contro la borghesia italiana, di cui un passo immediato è il contrasto alla reazione ed al fascismo.

Per il ruolo che svolge nella produzione, per le sue condizioni di vita, per l’esperienza storica nella lotta contro i proprietari del capitale, la classe operaia è in condizione di rivitalizzare la propria coscienza ed esprimere una coesione ed una capacità di organizzazione maggiori rispetto ad altri gruppi sociali.

Ciò ne fa la più ferma oppositrice della classe capitalista e dei suoi governi.

L’azione di conquista di alleati da parte del proletariato non può che partire dalle condizioni economiche e dalle loro conseguenze sociali. Ovvero, dalla difesa delle rivendicazioni parziali e immediate delle classi lavoratrici, che non siano in contrasto con gli interessi fondamentali della classe, legando sempre tali rivendicazioni che mobilitano larghe masse al problema della conquista del potere, che va sempre posto nella nostra propaganda, anche quando, come in questo momento, non è all’ordine del giorno.

A questo scopo occorre servirsi anche di parole d’ordine di tipo “democratico” come aspetto della lotta contro il sistema capitalista-imperialista che è reazionario su tutta la linea.

La realizzazione di questi obiettivi non potrà verificarsi senza la lotta per l’abbattimento del sistema capitalista-imperialista.

Ciò è possibile solo rompendo con l’influenza paralizzatrice della socialdemocrazia e dei riformisti, dei capi sindacali, degli opportunisti di ogni risma.

L’intervento dei comunisti, che si esercita in questo campo con la politica di fronte unico proletario, è essenziale a tal proposito e deve spingere a compiere decisi passi avanti in direzione dell’organizzazione pre-partitica.

Il risveglio dell’antagonista storico della borghesia, l’azione diretta della classe operaia contro i suoi sfruttatori, segnerà la fine del governo di estrema destra e porrà le premesse di un governo di rottura rivoluzionaria con il sistema borghese.

Da Scintilla n. 140 – dicembre 2023

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