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UN ALTRO MONDO È NECESSARIO... ma per realizzarlo non bastano le belle idee!

a proposito di movimento contro la globalizzazione e di social forum

(9 Gennaio 2002)

Nella più grande e combattiva manifestazione degli ultimi anni, a Genova nel luglio scorso, in trecentomila abbiamo gridato lo slogan "un altro mondo è possibile, un altro mondo è necessario".

A Genova eravamo allo stesso tempo un popolo unico e un popolo composito delle molte figure della classe: operai della grande e della piccola fabbrica, operai immigrati, operai interinali, lavoratori con contratto a termine, lavoratori in coordinata e continuativa, cassaintegrati, disoccupati senza lavoro e disoccupati con lavoro in nero, studenti-lavoratori e studenti-studenti... tutti uniti contro i rappresentanti di questa globalizzazione dello sfruttamento e dell'oppressione, di questa globalizzazione capitalista.

Questa ricomposizione di classe in qualche modo ha determinato anche una ricomposizione politica tra associazioni, organizzazioni e partiti che erano arrivati a Genova sulla base di percorsi differenti.

Dopo Genova si è parlato molto della necessità di organizzare questo movimento e di creare istanze locali che sapessero legare questa lotta generale, globale alle singole specificità e settorialità. Un'esigenza che tra l'altro ha dato vita all'esperienza dei "social forum".

Ma in questo percorso non sono possibili scorciatoie: radicare questo movimento significava prima di tutto radicare nella classe (in questa classe frammentata, divisa, priva di coscienza di sé) la consapevolezza della possibilità di una liberazione comune dallo sfruttamento. Radicarla non solo come parola d'ordine generale, ma anche nel particolare, nello specifico individuando i nessi materiali tra i "temi generali" e i "temi locali".

Ma è esattamente questo lo scoglio su cui la ricomposizione politica determinata dalle giornate di Genova ha mostrato tutti i suoi limiti: una cosa è essere contro la globalizzazione capitalista, il neoliberismo, l'imperialismo in generale, e una cosa ben diversa è, invece, essere contro tutto questo a casa propria, cioè lottare contro il rapporto capitalistico di sfruttamento come si articola nelle diverse specificità, senza ipocrisie e senza equilibrismi politici.

Non è un caso quindi che nella pratica politica attuale dei social forum raramente venga affrontato il nesso concreto tra i "temi generali" e i "temi locali": si discutono sì i massimi sistemi, ma poi si affrontano le questioni particolari come se avessero con i primi un legame solo "ideale".

Che poi questo legame "ideale" si chiami "società civile", o "uomini di buona volontà", o "democrazia partecipata", o "sviluppo equo e solidale", o "cooperazione internazionale"... poco cambia nella realtà: si tratta appunto solo di idee, che non sono in grado di rimettere assieme quello che la realtà del dominio di classe invece divide e contrappone quotidianamente. Neppure se queste idee trovassero spazio in mille trasmissioni televisive e neppure se fossero argomentate dal miglior portavoce del mondo...

E' così che le particolarità, le specificità e i localismi prendono il sopravvento.

Sul piano locale il fronte di lotta si divide, si torna a distinguere e separare la lotta degli immigrati da quella operaia, da quella per la pace, da quella degli studenti...
Anche la lotta contro la globalizzazione e contro il neoliberismo torna ad essere quello che era prima di genova: da capacità di unificare le lotte sul piano generale regredisce ad un'insieme, a volte contraddittorio, di dichiarazioni di intenti, di enunciazioni e di azioni esemplificative.

E come si separano le lotte, si separano poi anche i percorsi politici. Dal momento che ad averli messi assieme era solo questa anticipazione di unità della classe nella lotta, le associazioni, le organizzazioni e i partiti si dividono e si riaggregano secondo le proprie particolari prospettive.

Alla fine, alla faccia del mondo diverso, torna a galla tutta la vecchia merda e c'è chi si dà da fare perché i social forum diventino la zattera di salvataggio dell'Ulivo.

E' quello che sta succedendo a Bologna in cui il social forum sta discutendo la costruzione di una lista civica per le prossime elezioni amministrative e l'ha proposta in un'assemblea di massa (oltre duemila partecipanti) lunedì 17 dicembre scorso.
Una lista civica che evidentemente non potrebbe che confluire poi, al secondo turno, con il resto del centro-sinistra.
A questa assemblea erano presenti i DS (Cesare Salvi), i "disobbedienti" (Luca Casarini), i Verdi (Gianfranco Bettin), la CGIL (Gianni Rinaldini, segretario regionale - Emilia Romagna), Rifondazione Comunista (Franco Giordano). Tutti, tranne gli esponenti del PRC che hanno espresso qualche perplessità, hanno salutato positivamente l'idea di qeusta lista civica.

Insomma la montagna ha partorito il topolino: siamo andati a Genova in trecentomila per ritrovare l'unità con d'Alema e con Rutelli, abbiamo lottato contro il neoliberismo per ridare fiato a chi del neoliberismo ha fatto la propria bandiera, abbiamo lottato contro il G8 per sostenere chi assieme al G8 ha portato la guerra in Europa... ma tutti si continua a cantare in coro che "un altro mondo è possibile"!

La marcia per la pace da Perugia ad Assisi e la manifestazione di Roma contro la guerra ci hanno confermato una volta di più questa diversificazione che si è determinata da una parte tra il piano generale e quello locale, e dall'altra tra quello della spontaneità e quello del "politico".

La spontaneità che ha creato Genova è stata in grado di mobilitarsi nuovamente in questi due momenti di grande rilevanza politica, accettando e vincendo, a Roma, la sfida del governo liberlfascista e ridicolizzando il suo "Usa day".

Invece i social forum nel loro complesso (anche se naturalmente con alcune eccezioni) non sono stati per nulla determinanti nella costruzione di queste due scadenze così come non lo sono state buona parte delle associazioni e organizzazioni che avevano dato vita al cartello di Genova, primo fra tutte lo stesso PRC.

La questione di come dare sviluppo al movimento contro la globalizzazione capitalista che si è espresso a Genova, di come farlo pesare all'interno dei rapporti di forza tra le classi, di come radicarlo è in definitiva una questione ancora aperta.

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