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Genova: "democrazia sotto tiro"

sulle indagini "a mezzo stampa" della Procura di Genova

(10 Gennaio 2003)

E' di una gravità senza precedenti quanto ordito dalla Procura di Genova per tramite il P.M. Pellegrino: comprare uno spazio a pagamento sul giornale di Genova " Secolo XIX" - che si è prestato al mendicio - per pubblicare le foto di " 2 ricercati" ritenuti estremamente decisivi per l'indagine sul Luglio 2001.

Grave perchè, così facendo si rende vana qualsiasi ultima credibilità nella Giustizia, che di arbitrio in arbitrio è diventata un esercizio personale ai fini di una parte esclusiva e che abolisce il principio formale del rispetto della legge, innanzitutto da parte di chi la esercità, per diventare l'abuso del "fine che giustifica i mezzi".
Grave perchè, la tanto richiamata libertà di stampa naufraga a Genova, dove un giornale prestigioso abdica alla funzione primaria del rispetto e della tutela delle libetà fondamentali, per rendersi complice di un atto vile che inaugura la sudditanza alla legge del più forte e ai sui riti da far west.

Per altro, il mirato scoop - lo sbandierato quanto illegale metodo di "caccia al mostro" inaugurato dalla Procura di Genova si è rivelato un ignobile floop.

Le 2 persone, mostrate nella foto in atteggiamento tranquillo e pacifico, sono 2 noti militanti della Confederazione Cobas, Giacomo Mondovì dell'Esecutivo nazionale e Simona Cerrone dell'Esecutivo romano, che ovviamente erano a Genova il 20 Luglio, come tutti e tutte noi, per lo sciopero nazionale indetto dai Cobas e dal Sindacalismo di base, in piazza Da Novi (la "piazza del lavoro e dei diritti", una delle piazze tematiche autorizzate) in attesa - insieme alla confederation paisienne di Bovè, alle madres de plaza de Majo, alla Cut brasiliana - dell'arrivo di migliaia di lavoratori, contadini e no global provenienti da tutta Italia con i treni speciali.

Giacomo e Simona, erano in quella piazza a "casa loro", anche se di li a poco nella tarda mattinata e in lato di quella piazza sono cominciati gli scontri tra forze dell'ordine e black blok, tanto da costringere i Cobas a lasciare quell'iniziale concentramento per riposizionarlo a piazzale Kennedy.
Qualsiasi tentativo di riscrivere la storia di quelle giornate, additando i Cobas e le altre realtà di movimento in qualità di "devastatori" è ridicolo, fuorviante e destinato a non reggere in alcun caso di fronte alla valanga di testimonianze, di cronache, di filmati.

Giacomo e Simona sono 2 figure pubbliche della Confederazione Cobas: "meraviglia " che dopo un anno e mezzo di indagini svolte a tappeto in tutta Italia la Procura di Genova non sia arrivata alla loro identificazione - già altri 2 militanti dei Cobas sono stati ascoltati come "persone informate dei fatti"- e Giacomo e Simona appena han saputo di essere diventati i mostri di turno, si sono immediatamente messi a disposizione della magistratura, che mentre scriviamo li sta intwerrogando a Genova.

La cosa più strana è la dosata regia della Procura di Genova sull'intera indagine. Ad ogni occasione in cui finiscono plaetalmente sotto accusa i vertici delle forze dell'ordine - in cui viene fuori il piano preordinato contro il movimento no global, che lascia aperto il capitolo sui politici ed il Governo - c' è sempre un rilancio repressivo e/o un atto eclatante contro il movimento (come gli arresti dei giorni precedenti, delle compagne e dei compagni tutt'ora in carcere) teso a distrarre l'opinione pubblica sulla gravità dell'operazione complessiva delle forze dell'ordine e su tutti i tentativi di occultamento e depistaggio delle responsabilità.

Questi "misteri" e lungaggini voluti, avrebbero immediatamente a cessare se la Procura dopo un anno e mezzo avesse deciso di chiudere l'intera inchiesta definendo le responsabilità delle forze dell'ordine nei rinvii a giudizio.
Soprattutto sulle note vicende sociali, politiche e giudiziarie di genova 2001 ritorna di impellente attualità la necessità della Commissione di Iinchiesta Parlamentare.

Roma 9 Gennaio 2003

Confederazione Cobas

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