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27.07.10 - FESTA "LA CGIL CHE VOGLIAMO"

(27 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.rete28aprile.it

Martedì 27 Luglio 2010 09:19
Rassegna stampa - presenti n. 2 articoli (...)

1

(da "IL Manifesto" di domenica, 25 luglio - articolo di Francesco Piccioni)

Gli "antagonisti" Cgil si organizzanoOrganizzare un'area sindacale è un problema nuovo, in Cgil. Non perché non ce ne siano state altre. Ma in altri tempi venivano organizzate sulla base di una comune visione politica. Stavolta invece riguarda proprio la visione del sindacato nei prossimi anni, il suo ruolo. Anche perché la crisi ha cambiato le carte in tavola. La lenta evoluzione in corso da molti anni dal sindacato della «concertazione sociale» verso un modello dai contorni non chiari - è stata stravolta indicando la soluzione del «sindacato di mercato», ossia il sindacato «complice» teorizzato dal ministro del welfare, Maurizio Sacconi. Lo ricorda Gianni Rinaldini: «Siamo in una fase in cui le dimensioni dei processi globali e locali sono tali da mettere in dubbio l'esistenza del sindacato per come lo abbiamo conosciuto», in cui le «ipotesi di uscita dalla crisi puntano sul rilancio e l'accelerazione del modello che ha portato alla crisi». Fino a configurare «un futuro caratterizzato solo dalla competizione tra imprese su scala globale». Come ha detto Marchionne, «ogni impresa deve essere una macchina da guerra». E i lavoratori soldati da sacrificare.
Al sindacato non resta che scegliere tra «starci» o essere attaccato come «antagonista, eversivo, conflittuale». Perché il conflitto sociale non è più riconosciuto; solo quello tra le imprese conta istituzionalmente. Anche per chi ha dato vita, nel congresso, alla mozione «La Cgil che vogliamo» risultata poi minoritaria, si pone ormai il problema urgente di scegliere tra organizzare l'«area» all'interno delle varie categorie di lavoro oppure fermarsi al livello di «orientamento» interno ai gruppi dirigenti. I diversi percorsi dei quadri direttivi confluiti nella mozione congressuale pesano - ma fino a un certo punto - nella definizione delle scelte. A partire da quella di nominare o no un «portavoce» unitario.
Pomigliano, dicono tutti (Giorgio Cremaschi, Claudio Stacchini, ecc), «è un paradigma». Lì il primo dei «padroni illuminati» del paese ha delineato con chiarezza una scelta strategica: quello di «affrontare la crisi globale costruendo un'Italia low cost per inseguire una competitività selvaggia». L'accelerazione della Fiat delinea «la restaurazione di un liberismo estremo», nel quadro di una «globalizzazione autoritaria». Cisl e Uil sono totalmente in questa prospettiva, recitando il ruolo del sindacato «mutualistico e assistenziale», non più ugualitario. La Fiom ha reagito, come si sa. Ma la Cgil «è rimasta in mezzo, senza scegliere». Questo la mette a rischio di una «crisi drammatica dell'organizzione», perché in genere poi accade che sia «il mondo a decidere per te». Lo scopo primo dell'«area» è quindi quello di costringere la Cgil a reagire; e qui pesa con favore il ritorno di «sensibilità da parte dei lavoratori». La manifestazione nazionale del 16 ottobre convocata dalla Fiom diventa quindi la prima occasione vera per la «costruzione di un'opposizione di massa», con la convocazione - subito dopo - di un'assemblea nazionale dei delegati aperta a tutte le forze. E non sembrano davvero un semplice esercizio retorico, in questa sede, i diversi riferimenti anche al sindacato di base.
L'orizzonte temporale è molto ravvicinato. «A settembre - viene notato da molti - finiranno i fondi per gli ammortizzatori sociali». Molti lavoratori per cui nei mesi scorsi era stata contrattata la mobilità si troveranno nella tagliola delle «finestre mobili» previste dalla riforma tremontiana delle pensioni. Impossibilitati perciò ad andare in pensione e ormai fuori dalle aziende. Ma allo stesso tempo l'orizzonte geografico si allarga. «Siamo di fronte alla prima finanziaria europea, che si applica a tutti i paesi, senza riguardo al colore del governo in carica». E alla rinuncia all'unico elemento di «diversità» del continente di fronte al resto del mondo: «lo stato sociale». Da un lato dunque l'esigenza di un «sindacato europeo conflittuale» (ma al momento prevale la divisione «nazionalistica, a seconda di dove sono collocati gli stabilimenti»), dall'altra la necessità di «organizzare l'area a partire dal livello dei delegati e dei lavoratori».

2

(da "Liberazione" di martedì, 27luglio - articolo di Anna Maria Bruni)

Tre giorni di confronto verso gli appuntamenti di settembre e ottobre, per non restare "in mezzo". "Rischiamo lo snaturamento" - Ecco la Cgil che vuole "fare come la Fiom" Consapevolezza e determinazione. Questa è la sensazione che ci consegna la tre giorni della "Cgil che vogliamo" svoltasi dal 23 al 25 luglio a Sala Baganza, in provincia di Parma. L'area programmatica maturata dalla mozione di minoranza all'indomani del XVI Congresso della Cgil, si è data appuntamento qui per condividere idee, emozioni e cucina, mettendo al centro per l'intera giornata di sabato un seminario interno per ridefinire insieme minimo comune denominatore e prossimi passi dell'area. Una giornata ricca e intensa, chiusa dal bravissimo Ulderico Pesce con il suo "FIATo sul collo", sui 21 giorni di lotta dei lavoratori della Sata di Melfi nella primavera del 2004. Un'emozione capace di spezzare e ricordare insieme l'urgenza di una situazione che precipita di giorno in giorno, declinata ancora dalle scelte della Fiat, che traduce in pratica lo stravolgimento della legislazione del lavoro avviato da Sacconi, incattivite dalla vittoria morale di lavoratori e Fiom a Pomigliano. Newco, uscita da Confindustria e conseguente elusione del contratto nazionale, parte della produzione attesa da Mirafiori in Serbia, sono la notizia con cui si apre la giornata; ma che ci siano più di duecento tra sindacalisti e delegati già riuniti e pronti ad affrontare la situazione, questa non solo è una notizia, è una novità.
Se poi la molla che li spinge è la volontà irrevocabile di "fare come la Fiom", la notizia prelude ad altro. E' Giorgio Cremaschi, aprendo i lavori della mattinata, a dipingere con pochi tratti precisi il "passaggio drammatico" che stiamo attraversando: «La Cgil rischia una crisi drammatica fino allo snaturamento dell'organizzazione così come l'abbiamo conosciuta», per aderire al modello assistenziale già sposato da Cisl e Uil.
Ma ora è il momento di riconoscersi, organizzarsi, e scendere in campo. Questo è il filo rosso ripreso da tutti gli interventi, a cominciare da quello di Marigia Maolucci, che aggiungerà una forte sottolineatura contro «destra e sinistra politicamente non diverse» in questo scenario, «nel quale irrompe però il voto dei lavoratori in carne e ossa», e non solo, ma anche la sua «volontà di lotta», come ricorderà Renato Pomari della Fiom Brianza, «sancita un anno fa dall'Innse e tenuta alta dai tanti lavoratori sui tetti».
Molte le categorie presenti, dall'Flc, alla Filt, dalla Flcams alla Fillea, dall'Slc allo Spi, che si ritrovano nella volontà di fare dell'area la leva con la quale impedire uno tsunami sociale. Tanti sono i problemi interni da affrontare, e molte sono soprattutto le compagne a ricordarli, da Antonella Raddi, delegata di un'azienda informatica del Friuli, a Roberta Turi, Fiom di Roma, che tra l'altro ringrazia «Nicoletta Rocchi per il confronto aperto fin dall'incontro dello scorso anno con la Rete28aprile». Rete a cui si deve, va detto, di aver aperto il varco del confronto fra le categorie.
Non c'è molto tempo e c'è molto lavoro da fare, dirà Gianni Rinaldini concludendo i lavori in serata, per evitare che siano «le cose a decidere per te», se non si sceglie, come sta continuando a fare la Cgil, «rimasta in mezzo». Ora non si tratta di appiattirsi sulla Fiom, ma il punto è che quella categoria ha reagito, ha scelto, e i lavoratori hanno risposto. Non sarà semplice, anche perché la reazione della maggioranza interna ha già reso la vita difficile a molti delegati e responsabili sindacali, fino alla «scelta imposta a Durante di non entrare in segreteria» Fiom.
Non resta che rimboccarsi le maniche: il 7 settembre sarà un redde rationem per il comitato direttivo; e poi l'appuntamento del sindacato europeo per il 29 settembre, "data grandiosa", ma senza una posizione comune, che invece dovrà essere costruita per la manifestazione nazionale lanciata dalla Fiom per 16 ottobre, allargata non solo alle altre categorie ma al fronte sociale e politico. E subito dopo, assemblea nazionale di tutti i delegati. Per dire che una "forza che lotta" c'è, fatta da persone in carne e ossa.

www.rete28aprile.it

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