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Palestinese! E altri racconti, di Samira Azzam

(12 Maggio 2013)

Il nome come recupero dell'appartenenza alla comunità da cui si proviene, quella che sola può riconoscere chi, col nome, ha perduto buona parte della propria esistenza.

samirazzam

di Cristina Micalusi

Roma, 11 maggio 2013, Nena News - La storia, si sa, fin dai tempi di Troia, continua ad essere scritta dai vincitori.

Ai vinti non resta la memoria, e la memoria può farsi scrittura. È quello che succede a Samira Azzam in questi racconti, i cui personaggi lasciano la propria casa, bianca in primavera nel corso della Nakba per percorrere il mondo con una "coperta rossa" intrisa del sangue dei propri figli; fino all'ultimo racconto "Il passeggero" ambientato nel Libano degli anni '60 che è paese di passaggio degli espulsi, oggi definiti "emigranti".

Questi racconti attraversano così il tempo di Samira Azzam, ma non necessariamente in base al tempo in cui la scrittrice li ha composti o ordinati, ma sono rapportati proprio con la Storia, per cui il sangue viaggia col valore allegorico della ricerca o del passaggio, della liberazione o della speranza, del pensiero dell'assenza o dell'esperienza dell'attesa, come quella madre di Farhat (Il Passeggero) a cui "poveretta, il dolore della lontananza, le rovina il sapore della kubbe....e le rovina la dolcezza della melassa d'uva quando la pigia nella giara con cui affronta l'amara penuria dell'inverno." Questo attraversamento del tempo della storia si compie in sincronia con l'autrice, con i suoi personaggi, pensiero e voci, e fra questi il bisogno di un nome come nel caso di "Il pazzo della campagna" e di "Palestinese!" Il racconto che dà il titolo alla raccolta.

Il "proprio nome" non come bisogno di una identità astratta, di cui tanto si parla oggi, ma per contrastare la tendenza o volontà di chi vuole porre barriere o steccati: un bisogno quello di avere un nome, che, se posto in negativo, è un lusso assoluto che può permettersi chi sta da questo lato del Mediterraneo.

Il nome come bisogno di identità, invece, è nei racconti di Samira Azzam recupero del centro, dell'appartenenza alla comunità da cui si proviene, quella che sola può conoscere e riconoscere chi, col nome, con la perdita della comunità ha perduto buona parte della propria esistenza.

Luce d'Eramo nel 1988 nell'introduzione all'antologia di poesie e racconti palestinesi ne " La terra più amata" scriveva: "Leggere La Terra Più Amata è una rara esperienza della mente. Ci si ritrova tutt'insieme a guardare il mondo con occhi palestinesi; si viene calati di colpo nella situazione drammatica di un popolo cacciato dalla propria terra."

Lo stesso pensiero si può estendere ai racconti di Samira Azzam a cui è toccato, fino alla sua morte, il tempo della storia dei palestinesi nel passaggio di una vita normale a quella di profughi senza patria e senza identità. Il ricordo di quei momenti ha alle spalle un mondo perduto, motivo dominante della scrittura palestinese. Ed è inevitabile che sia così, schiacciato com'è, quel mondo ormai leggendario, in un prima del 1948, anno della Nakba, e un dopo che non finisce mai.

Samira Azzam (Palestina 1927-Giordania 1967), insegnante e giornalista, è autrice di racconti brevi, solo parzialmente pubblicati in vita, e di radiodrammi che, trasmessi a partire dalla fine degli anni '50, hanno inaugurato un genere ripreso con successo anche dallo scrittore Ghassan Kanafani. Le opere di Samira Azzam, e i suoi racconti brevi in particolare, hanno lasciato tracce significative nella letteratura araba contemporanea.

Titolo: Palestinese! E altri racconti
Autore: Samira Azzam
Traduttore: Wasim Dahmash
Editore: Edizioni Q
Anno: 2003

Nena News

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