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Convegno sulla rappresentanza sindacale

a Roma il 21 gennaio

(19 Gennaio 2005)

Il Convegno da noi promosso per il 21 gennaio fa parte di una campagna inserita in un contesto ampio e importante di ripresa di attenzione su un tema cruciale per la democrazia nel nostro paese: come restituire ai lavoratori/trici quei diritti democratici e sindacali, di rappresentanza, di autotutela, di trattativa in nome dei propri interessi, di libertà di parola e di propaganda nei luoghi di lavoro che in questi anni, passo dopo passo, sono stati annullati, o comunque ridotti ai minimi termini, da governi di centrodestra e di centrosinistra. Il “cuore” di questa campagna è il diritto di parola nei luoghi di lavoro, il diritto di “libera assemblea” in orario di servizio per qualsiasi organizzazione sindacale, ma anche per qualsiasi gruppo significativo di lavoratori/trici che voglia usare il monte-ore a disposizione per le assemblee (nella scuola 10 ore annue) per riunirsi liberamente con gli interlocutori che preferisce.

Ma la campagna ha dimensioni più ampie perché intende porre, in generale, i problemi della rappresentanza sindacale, dei diritti sindacali e della democrazia nei luoghi di lavoro: e a chi ritiene oggi che il centro di tale democrazia sia da ricercare quasi esclusivamente in meccanismi referendari che consentano ai lavoratori di pronunciarsi sugli accordi e sui contratti mediante votazioni, convalidarli o annullarli, segnala come questo sia solo un aspetto di procedura democratica da introdurre nei luoghi di lavoro, ma non sia né quello esclusivo né quello decisivo, perché senza una democrazia reale della rappresentanza e della “presa di parola” in tutti i passaggi della decisionalità nei luoghi di lavoro, votare ad un referendum non cambierebbe gran chè, visto che a trattare andrebbero poi sempre gli stessi e che dire “no” non basta se non si hanno gli strumenti per articolare e far divenire maggioritari i singoli “si”.

La nostra campagna, dunque, ha l’obiettivo di far affermare criteri democratici per stabilire una vera e trasparente forma di rappresentanza e di “presa di parola” dei lavoratori/trici ai tavoli di trattativa nazionale e locale, nonché negli organi di contrattazione a livello aziendale o di singolo posto di lavoro. A tal proposito proponiamo almeno sei criteri da garantire affinché si possa parlare di “rappresentanza democratica” della volontà dei lavoratori/trici di una categoria, di un comparto, di una singola azienda o posto pubblico e privato di lavoro.

1) La rappresentanza nazionale a livello di categoria deve essere stabilità mediante elezioni su liste nazionali, che consentano ad ognuno di votare per le organizzazioni che preferisce, non obbligandolo, come avviene adesso nella scuola e nel pubblico impiego, a presentarsi come candidato/a per la Rsu del proprio posto di lavoro al fine di consentire ai colleghi/e di quel posto di lavoro di votare per l’organizzazione del candidato. In altri termini, in un luogo lavorativo ci potrebbero essere decine di lavoratori intenzionati a dare la rappresentanza ai Cobas o ad altri, senza che ve ne sia alcuno voglioso di fare il “sindacalista RSU”: e a questi va data la possibilità di votare sul piano nazionale chi ritengono opportuno, esprimendosi con il voto su due livelli e due schede, una per la rappresentanza nazionale e una per la rappresentanza nel luogo di lavoro: esattamente come, a livello politico, accade quando giustamente si separano le elezioni di circoscrizione o comunali da quelle nazionali o europee.

2) Se si fissa una quota percentuale di voti che consenta di raggiungere la rappresentatività, la partecipazione alle trattative nazionali e i conseguenti diritti, questo non deve impedire alle organizzazioni, che non raggiungono la rappresentatività in quella elezione, di “riprovarci” alla prossima, conservando dunque i diritti “minimi” di assemblea e propaganda nei luoghi di lavoro, che vanno lasciati a tutti/e senza eccezioni; il diritto di assemblea, poi, va attribuito anche a gruppi di lavoratori/trici non iscritti a nessun sindacato, fissando una quota minima percentuale di firme da raccogliere tra i lavoratori/trici.

3) Nelle elezioni delle RSU non ci devono essere quote garantite a nessuno, come invece viene fatto ora nel lavoro privato (33% assegnato d’ufficio ai confederali, indipendentemente dai voti ottenuti): insomma tanti voti, tanti eletti, senza regali ad alcuno.

4) I singoli eletti RSU devono poter convocare assemblee, indipendentemente da quelle convocate dalla RSU nel suo complesso.

5) Alle elezioni RSU, come a quelle per la rappresentanza nazionale, devono potere partecipare, in forma attiva e passiva, anche i precari in servizio nel luogo di lavoro al momento delle elezioni.
6) Va rimossa, nel settore privato, ogni discrezionalità padronale nella scelta dei sindacati ai fini dei rapporti sindacali, delle contrattazioni e della firma di accordi e contratti.

7) Ogni accordo o contratto, a carattere locale o nazionale, va sottoposto a referendum vincolante tra i lavoratori del comparto o del singolo posto di lavoro, che devono approvarlo o respingerlo: ma, pur essendo questo un passaggio democratico assai importante, lo abbiamo indicato per ultimo, al fine di sottolineare come senza una democrazia “a monte” non ce ne può essere una reale “a valle”, cioè solo nel momento conclusivo del processo decisionale.

Su queste proposte chiamiamo tutte le forze che ritengono fondamentale ed urgente arrivare ad una legge davvero democratica sulla rappresentanza, i diritti sindacali e la democrazia nei luoghi di lavoro, ad esprimersi su tali punti o su tutto ciò che ritengono necessario ci sia in tale legge perché essa sia davvero utile, democratica ed efficace e dia ampia possibilità di parola e di azione ai lavoratori/trici per esprimere e difendere i propri interessi e le proprie volontà.

Confederazione Cobas

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