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(21 Ottobre 2002)
Care compagne e cari compagni, penso che il nostro partito oggi debba fare i conti con quella che è la principale urgenza messa in gioco dalla ripresa del movimento di classe: la necessità di una direzione - chiaramente anticapitalistica - alternativa a quella dei vertici dell'Ulivo e delle burocrazie sindacali.
L'Ulivo si muove oggi con l'evidente intento di subordinare i movimenti, l'ondata di proteste contro il governo Berlusconi, all'alternanza borghese del 2006.
Anzi! Il Centrosinistra si candida a rappresentante privilegiato della borghesia italiana, in quanto in grado di offrire al padronato quella pace sociale che il governo Berlusconi è incapace di garantire.
Così, oggi come ieri, non c'è nessuna intenzione da parte della direzione Cgil di rompere con la strategia della concertazione, anzi la stessa rottura tra Cgil e governo - se è importante in quanto apre un varco alla lotta di classe - allo stesso tempo è funzionale a rilanciare proprio la strategia della concertazione.
Necessario è quindi che il nostro partito intervenga attivamente nel movimento dei lavoratori - e più in generale in ogni piega della protesta sociale e politica - al fine di radicalizzare l'azione di massa: dobbiamo proporre un programma di vertenza generale e di sciopero prolungato per respingere l'attacco governativo e per cacciare il governo Berlusconi.
Tra i punti centrali di questa vertenza, in questa congiuntura, dev'essere ovviamente il netto rifiuto della guerra imperialista contro l'Irak.
Si tratta, più in generale, del problema dell'egemonia, tristemente rimosso dalla maggioranza del nostro partito: è quantomeno illusorio dilungarsi nel prospettare presunti "altri mondi possibili" o presunte "alternative di sistema" se si elude la necessità dell'egemonia proletaria anticapitalistica, di contro all'egemonia borghese dei liberisti e in alternativa all'egemonia "socialdemocratica" di Cofferati e della burocrazia Cgil.
E perché il nostro partito possa candidarsi a svolgere il ruolo di direzione alternativa - anticapitalistica - nei movimenti, prioritaria è la rottura - netta! - con le forze liberali dell'Ulivo, che hanno dimostrato in maniera lampante la loro organicità a settori consistenti della grande borghesia italiana.
Non è questa, purtroppo, la via che il nostro partito s'accinge a percorrere, come dimostrano le recenti dichiarazioni del compagno Bertinotti, riportate dal Manifesto del 17 settembre: (cito) "Il centrosinistra è una gabbia che imprigiona le forze del cambiamento (...) Bisogna rompere questa gabbia e far sì che l'opposizione si organizzi in 3 tronconi: centro moderato, sinistra riformista e sinistra radicale.
Poi le due sinistre devono ALLEARSI e solo dopo vedere se ci sono le condizioni per un accordo con il centro moderato"... Altro che svolta a sinistra! Si tratta, di fatto, di un proposta di riorganizzazione del centrosinistra, nella prospettiva di un governo con lo stesso centrosinistra per il 2006.
E che le aspirazioni del nostro partito oggi convergano nella prospettiva di una ricomposizione con le forze dell'Ulivo lo dimostra anche il fatto che non viene messa in dubbio la legittimità delle alleanze di governo locale con quelle stesse forze.
Rompere con l'Ulivo significa anche uscita immediata dalle giunte locali di centrosinistra, a partire dalle regioni e dalle grandi città, a partire, nel nostro caso specifico dalla giunta dell'Emilia Romagna.
C'è chi si sforza di vedere nella nostra alleanza di governo col centrosinistra in Emilia Romagna un significativo passo verso presunti cambiamenti e controtendenze rispetto al neoliberismo.
La realtà è, a mio avviso, ben diversa: ci siamo resi complici proprio di politiche neoliberiste, dato che il centrosinistra non soffre di schizofrenia e non attua a livello locale politiche diverse da quelle che ha attuato a livello nazionale.
Parlando di sanità, alcuni compagni celebrano come una grande conquista alcune dichiarazioni di Errani e Bissoni, i quali finalmente, grazie alle pressioni del PRC e dopo anni di tagli, avrebbe finalmente riconosciuto il valore della sanità pubblica.
Dichiarazioni, appunto, semplici parole: nessun fatto concreto che indichi una chiara linea di controtendenza rispetto alle politiche degli anni passati, nessuna messa in discussione di quella razionalizzazione del sistema sanitario - cavallo di battaglia della giunta Errani - che ha significato in primo luogo tagli dei posti letto, tagli del personale, esternalizzazioni di servizi importanti affidati ai privati.
Sulla base di semplici dichiarazioni noi parliamo di successi!? Di svolte?! Qualcuno potrebbe dire che le parole sono importanti perché in qualche modo anticipano le politiche future.
Se le parole sono importanti, allora vorrei citare quanto dichiarato da Errani in occasione dell'inaugurazione della fiera di Rimini, il 28 aprile 2002: "Siamo gli unici in Italia ad aver avviato un serio progetto di privatizzazione, in grado di attrarre investimenti sul nostro sistema fieristico": le privatizzazioni degli enti fiera viste, dunque, non come misero incidente di percorso, ma come evento da celebrare.
E il Prc di fatto si è reso complice di queste manovre che avranno effetti devastanti su centinaia di lavoratori.
Per qualcuno, si dovrebbe parlare di "controtendenza rispetto al neoliberismo imperante"... Così per qualcuno una grande vittoria è stata la legge Bastico, che avalla la parificazione tra scuole statali e scuole private, che prevede finanziamenti diretti e indiretti alle scuole private stesse, che legittima criteri meritocratici, che parla di "borse di studio di pari importo per per tutti gli studenti emiliano- romagnoli, indipendentemente che siano iscritti ad un istituto pubblico o privato".
Per dirla con le parole di Mariangela Bastico "abbiamo offerto a tutti gli studenti, sia che frequentino la scuola pubblica o la scuola privata, maggiori opportunità".
Ma pensiamo anche alla questione immigrazione.
Non solo il nostro partito vive la contraddizione di battersi oggi contro i CPT istituiti da una legge - la Turco-Napolitano - che il Rifondazione comunista ha sciaguratamente votato ai tempi del sostegno al governo Prodi, ma, con la nostra partecipazione alla giunta regionale, continuiamo a perpetuare questa contraddizione.
Organizziamo iniziative, manifestazioni, giornate di mobilitazione contro quelli che giustamente chiamiamo "lager" e, contemporaneamente, siamo in una giunta che non ne mette in discussione la legittimità.
Errani parla oggi di necessità di una "gestione più umana" dei CPT: di fatto, una posizione al riparo della Turco-Napolitano stessa.
E come se non bastasse tutto ciò, la regione è anche stata protagonista diretta nell'assunzione di lavoratori interinali.
Leggo su "Emilia Romagna rossa" (giornale gestito dai compagni dell'area dell'Ernesto in regione, N.d.R.) che alcuni compagni vedono come una cosa estremamente positiva il fatto che si sia (cito) "provveduto ad emanare un regolamento per l'assunzione a tempo determinato".
Mi chiedo: può un partito comunista considerare positiva e rivendicare qualsivoglia gestione del lavoro precario? Non dovrebbe il nostro partito opporsi strenuamente ad ogni assunzione a tempo determinato? ad ogni forma, anche la più regolata, di precariato?
Mi sembrano tutte queste ragioni sufficienti per prendere atto del fallimento della nostra esperienza in regione.
Fallimento che non è il semplice frutto di una "gestione scorretta" della nostra presenza nella giunta regionale.
Ben più radicalmente, è la dimostrazione che ogni alleanza di governo con le forze del centrosinistra inevitabilmente ci rende complici di politiche antioperaie e, inevitabilmente, ci preclude la possibilità di offrire a quelli che dovrebbero essere i nostri naturali referenti - operai, disoccupati, precari, immigrati - una reale alternativa di sistema.
Non si tratta di gestire meglio o diversamente la nostra presenza in giunta - qualcuno (i compagni dell'area bertinottiana, N.d.R.) ha parlato di "riposizionamenti strategici", di "riorientare l'iniziativa del partito nella giunta" (...cosa vorrà dire?) - bensì di rompre con la giunta regionale stessa.
Per questo, come Progetto comunista presenteremo un ordine del giorno che chiede l'uscita immediata dalla giunta Errani.
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