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Fincantieri tra appalti, subappalti e mancanza di sicurezza

(13 Luglio 2002)

A Giugno ai Cantieri navali di Porto Marghera sono verniciatori, soprattutto, che protestano e chiedono ai sindacati di intervenire.
Alcuni di loro sono stati assegnati ai turni notturni.
Altri no. Sono tra quelli che lavorano per le ditte vincitrici degli appalti, o subappalti, o sub-subappalti.

Trecento aziende circa, quelle presenti nel cantiere in un periodo come questo, quando è vicina la scadenza per la consegna di una nave e Fincantieri affida a ditte esterne lavorazioni che richiedono figure iperspecializzate.
Il sistema è quello dei cosidetti "appalti chiavi in mano": affidati, spesso, a padroni di aziende messe in piedi all'occorrenza, che accettano la commessa senza avere un capitale.
Pagano bene (se pagano...), ma chiedono di più.
Turni massacranti. Attrezzature di protezione a carico degli stessi lavoratori (i quali, dicono i delegati sindacali, spesso le rubano ai dipendenti Fincantieri).
Stipendi parzialmente in nero.
Contratti fuori legge, come la "paga conglobata", un foglio di carta sottobanco che in pratica reintroduce il lavoro a cottimo: ti pago un tot e tu rinunci a qualsiasi diritto, niente ferie né tredicesima, niente festivi né straordinari.
E all'Inps, intanto, arrivano buste paga impeccabili, ben più magre, spesso sotto forma di diarie: in media, per ogni lavoratore, 230 ore di prestazioni al mese scompaiono nel nulla, insieme agli oneri sociali spettanti all'impresa.

Ecco le leggi violate: il decreto 626 del 1994, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; la legge 1369 del 1960, che ha messo al bando le figure dei finti imprenditori, obbligando il committente a rispondere in solido di eventuali violazioni dei diritti di chi lavora per ditte appaltatrici; la legge 327 del 2000, che vieta gli appalti al massimo ribasso.
Le norme sono tra quelle che il governo ha programmato di annullare.
Violate, si è detto, ma pur sempre leggi, visto che spinta dalle proteste sindacali l'azienda Fincantieri, lo scorso anno, ha dovuto espellere 8 su cento delle sue imprese satellite.
La prassi illegale è invisibile, nascosta dietro magistrali paraventi.
I doppi contratti, appunto.
Oppure i fogli di dimissioni anticipate firmati insieme al contratto di assunzione.
Oppure: il responsabile della sicurezza sui luoghi di lavoro nella persona dello stesso padrone , o del fratello.
E così accade, a volte, che qualcuno muoia.

Mia, 31 anni, del Bangladesh, saldatore, è un ex impiegato per la ditta "Sambini", con sede a Rovigo: azienda in seguito multata per non aver pagato lo stipendio a 11 lavoratori, espulsa e riammessa a Porto Marghera con altro nome, tale "Sam", con sede a Taranto: "Ho firmato il contratto a paga conglobata, e le dimissioni in bianco - dice il giovane immigrato, adesso assunto in Fincantieri - come hanno fatto gli altri 120 lavoratori di quell'azienda.
Non sapevo neppure il significato di quello che era scritto.
Parlavo poco l'italiano: lavoravo 200 ore al mese, in media.
Il capo mi diceva: vai veloce, vai veloce.
Si consumavano i guanti? Nessuno li ricomprava".
L'anno scorso, tra i soli dipendenti Fincantieri, si sono registrati 229 infortuni più o meno gravi, comunque superiori ai tre giorni di prognosi.
Non é pubblico, invece, il dato esatto sugli incidenti accaduti ai lavoratori degli appalti: Fincantieri non ha mai fornito i numeri.
Secondo la direzione del personale, il 99% degli infortuni accade proprio ai dipendenti di queste ultime.
Fatti i conti, fanno quasi 23mila: una buona media, visto che in tutto nel cantiere lavorano in 3600, 2400 per le imprese appaltatrici.

Ci sono poi gli infortuni mascherati.
Esci dal cantiere, vai in ospedale e racconti che ti sei fatto male a casa.
La procedura ha scopi ben precisi: il padrone snellisce la busta paga (se l'assenza viene registrata come malattia, dopo due mesi è decurtata la metà dello stipendio) e glissa da eventuali responsabilità, penali e civili.
Complici e vittime, gli stessi lavoratori infortunati, spesso dipendenti di ditte con meno di 15 addetti, dunque senza il diritto ad un rappresentante sindacale.

Centro documentazione e lotta

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