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Detroit bankrupt city

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(19 Luglio 2013) Enzo Apicella
Detroit è fallita, rischio di migliaia di licenziamenti e di tagli alle pensioni municipali

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Unire le lotte, per la difesa dei salari, non delle aziende!

Volantino per lo sciopero generale di venerdì 12 marzo 2010

(9 Marzo 2010)

La crisi economica del capitalismo continua ad aggravarsi, e peggiorano duramente le condizioni di vita della classe lavoratrice. La crisi non è passeggera, ma storica: è una irreversibile crisi di sovrapproduzione. Il capitalismo è ormai decrepito, saturo di merci e capitali, e non esiste politica borghese, di destra o di sinistra, che possa rimediare a questo fatto ineluttabile.

La sola risorsa a disposizione della borghesia per mantenere il suo regime economico e i suoi privilegi è quella di aumentare lo sfruttamento del proletariato: diminuire il numero dei lavoratori attivi, ingigantire la disoccupazione, abbassare i salari, esasperare l’intensità del lavoro.

Ma questo non risolve la crisi, che è solo dilazionata e resa più generale: come fu nella prima metà del Novecento, la temporanea soluzione per il capitalismo sarà una nuova guerra mondiale, per la distruzione delle merci e dei capitali in eccesso, un rito di morte necessario a questo infame sistema economico per mantenere in piedi il suo cadavere, che ormai appesta il mondo intero.

La classe lavoratrice può e deve opporsi fin da oggi a questa prospettiva ed iniziare a incamminarsi sulla strada della successione storica al capitalismo, nel vortice della sua crisi: l’emancipazione dal lavoro salariato, il Comunismo.

Ma per decenni la politica borghese dei sindacati di regime (Cgil-Cisl-Uil-Ugl) ha diseducato i lavoratori a lottare e li ha convinti che solo attraverso la “concertazione” e la “collaborazione” con i padroni fosse possibile ottenere almeno un effimero “benessere”. Oggi che il capitalismo sta mostrando il suo vero volto, precipitando nella miseria milioni di lavoratori, la classe operaia non sa come reagire. Essa è oggi come un bambino che deve imparare a camminare, ed è naturale che inciampi anche negli ostacoli più grossolani.

La borghesia alterna il bastone alla carota: da una parte poliziotti e tribunali sono pronti ad intervenire nei casi in cui i lavoratori si mostrano più combattivi, nello stesso tempo si illude la classe con gli “ammortizzatori”, si concede un po’ di cassa integrazione, si scaglionano dismissioni e licenziamenti, si fanno false promesse di rilancio aziendale.

A questo fine il padronato si appoggia agli attuali falsi sindacati, traditori degli interessi della classe operaia, e ai falsi partiti operai. Questi sindacati e partiti di regime fanno leva sulla impreparazione e sulla ingenuità della maggioranza dei lavoratori per mantenerli isolati all’interno delle proprie aziende, facendo apparire ogni singola lotta un caso da affrontare e risolvere a sé.

Anche in Italia sono centinaia le aziende in cui i lavoratori devono affrontare la chiusura, i licenziamenti, i peggioramenti salariali e normativi. Ma ogni singola lotta avviene e si sviluppa entro i confini aziendali, separata e opposta alle altre. E per il padronato è una questione vitale mantenere divisi i lavoratori, perché più impedisce e ritarda la reazione organizzata della classe operaia, più è libero di peggiorarne le condizioni a vantaggio dei profitti aziendali e del capitalismo in generale.

La realtà è invece opposta. Se è vero che ogni azienda ha le sue peculiarità è altrettanto vero che non è la malvagità o l’incapacità del singolo padrone ma la crescente crisi mondiale del capitalismo che spinge il capitale in tutti i paesi a misure sempre più estreme contro i lavoratori. Al di là dei casi singoli l’obbiettivo che unisce tutti i lavoratori, quelli che temono per il loro posto di lavoro come quelli che sono stati licenziati, i precari come i lavoratori fissi, i vecchi come i giovani, è la difesa del loro salario, indispensabile per vivere in questa società.

Il sindacalismo di regime invece – con la Cgil in testa e la sua “sinistra” allineata – sottomette la difesa del salario alla difesa del posto di lavoro. Condiziona la vita della classe operaia alla buona salute del Capitale. Si chiedono così quattrini per i padroni perché tengano aperte le aziende, perché non licenzino, ma ci si guarda bene dal garantire un salario ai licenziati; si dà la parola d’ordine della “difesa del posto di lavoro” o del “blocco dei licenziamenti”, ma ci si guarda bene dal rivendicare un salario ai lavoratori disoccupati.

Indirizzate invece alla “difesa del posto di lavoro” le maestranze, chiuse all’interno dell’azienda, saranno disposte a sopportare ogni sacrificio pur di mantenere in vita la macchina stessa che li sfrutta, come già avviene in alcuni casi (Eutelia) in cui i dipendenti continuano a recarsi quotidianamente al lavoro senza percepire lo stipendio. Di fatto si mettono così i lavoratori di un’azienda in diretta concorrenza con quelli delle altre del settore.

Il capitalismo domani avrà sempre maggiore difficoltà a mantenere in vita la sua struttura produttiva. I lavoratori devono quindi lottare in difesa della propria vita noncuranti della sopravvivenza del capitalismo stesso e della sua cellula produttiva, l’azienda. La classe operaia deve tornare a rendersi non responsabile e nemica di questo regime economico. Sempre più si dimostra che la vita della classe operaia, in realtà, è possibile solo distruggendo il Capitale.

Oggi, per uscire da questa grave contraddizione, è necessario intraprendere un percorso tendente alla ricostruzione dell’organizzazione sindacale di classe. Sarà questa necessariamente fuori e contro i sindacati di regime, ormai irrecuperabili; sarà strutturata verticalmente per categorie, ma anche territorialmente, come nella gloriosa tradizione delle Camere del Lavoro, per unire i lavoratori delle aziende grandi e piccole; tenderà ad un coordinamento nazionale ed anche alla solidarietà internazionale del movimento; considererà strumento più efficace di lotta lo sciopero generale, per avanzare le rivendicazioni veramente unificanti di tutta la classe che lavora:

- Salario garantito ai lavoratori disoccupati
- Riduzione di orario a parità di salario
- Aumenti salariali, maggiori per le categorie peggio pagate
- Diritti di cittadinanza ai lavoratori immigrati.

Partito Comunista Internazionale

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